L’attacco hacker alla Regione Lazio ricade sui più fragili, la testimonianza di «Sirio e i tetrabondi»

Da qualche giorno il sistema informatico digitale della Regione Lazio è sotto attacco hacker e mentre tutti si preoccupano per la campagna vaccinale, a risentirne sono i più fragili, che dipendono da forniture ed assistenza

03/08/2021 di Giorgia Giangrande

Negli ultimi giorni l’attacco hacker alla Regione Lazio sta destando molto panico, poiché si tratta di un attacco al cuore dello stato proprio in concomitanza dei giorni in cui – nell’ambito della campagna vaccinale massiccia – le più alte cariche dello stato si sono sottoposte alla somministrazione in strutture sanitarie della regione.

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L’attacco hacker alla Regione Lazio

Quando si pensa ad un attacco hacker, raramente si bada alle conseguenze marginali e agli effetti collaterali indesiderati. Ciò che si fa, è contestualizzarlo nelle sue coordinate di spazio, di tempo ed entità. Lo spazio è quello digitale (e non) che coinvolge la Regione Lazio; il tempo è quello pandemico, nel suo periodo di fine, che coincide con lo svolgimento della campagna vaccinale; l’entità invece è elevata, dal momento che il ransomware utilizzato dai cybercriminali parrebbe del tipo Lockbit 2.0, uno dei più pericolosi messi in vendita sul dark web.

Le principale e più discussa conseguenza al momento sembrerebbe l’interruzione della campagna vaccinale in atto nella regione, così come in tutte le altre regioni italiane. In realtà, però, il giorno successivo all’attacco hacker ai sistemi informatici della Regione Lazio, la campagna vaccinale continua a procedere spedita. Chi si era già prenotato in questi giorni ha ricevuto il vaccino, come da calendario. I problemi, però, sono per il prossimo futuro e per chi deve prenotare ancora la prima dose.

L’effetto collaterale sui più fragili

In tutto questo caos però qualcuno subisce, più del solito, le conseguenze dell’essere un soggetto vulnerabile. Infatti, un effetto collaterale a cui, purtroppo, non si pensa immediatamente è quello che riguarda i soggetti più fragili, quelli che – a causa dei sistemi bloccati – non possono accedere alle forniture e all’assistenza da cui dipende la loro vita e, in alcuni casi, la loro sopravvivenza. Come quanto è stato raccontato dall’account Twitter e Instagram di «Sirio e i tetrabondi», un bambino di 8 anni colpito da «morte da culla», che combatte per la libertà e l’autonomia e i cui profili social, gestiti dai genitori, sono uno strumento di denuncia e testimonianza in cui Sirio parla di sé e della sua vita in prima persona. Ieri, immediatamente dopo l’attacco hacker, il padre era andato a prendere «tutta la fornitura di alimenti, sonde e siringhe e non si è riusciti a concludere nulla».

Oggi, invece, in perfetta coerenza con lo scopo di denuncia del profilo, Sirio sottolinea come ci sia una valanga di solidarietà per quel che è successo ieri e si augura che la stessa attenzione ci sia quando parlano di diritti all’assistenza domiciliare e alla tutela dei caregiver.

 

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