Cosa vuol dire che un giornale sia un’app?

Le differenze non sono solamente sul mezzo di fruizione, ma anche sulle caratteristiche intrinseche nella gestione del traffico. E c'è un altro aspetto fondamentale: l'indipendenza dai social network

24/02/2023 di Redazione Giornalettismo

Prima si leggeva su carta e basta. Poi le notizie sono state lanciate anche a voce attraverso la radio, fino ad arrivare alla commistione tra audio e video attraverso il mezzo televisivo. Successivamente è stata l’epoca dell’online, dove le notizie erano e sono alla portata di tutti, con un solo click. La fase ciclica dell’informazione non finisce mai di rinnovarsi e domani è rappresentato dai giornali che sono delle vere e proprie applicazioni mobile, senza alcun punto di caduta su altre piattaforme. L’esempio più innovativo di questo percorso, che parte dal presente per arrivare al futuro che già offre alcune evidenze di questo percorso evolutivo. Accade oggi, con l’app di Servizio Pubblico – il nuovo progetto editoriale guidato da Michele Santoro – che si appresta a diventare l’esempio più fulgido di quel che diventerà l’informazione del futuro. E non parliamo esclusivamente di modalità di fruizione e dispositivi, ma di altre caratteristiche fondamentali per la sussistenza di un giornalismo di qualità.

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Nell’epoca della crisi sempre più profonda del giornalismo cartaceo, nell’era in cui l’informazione radio-televisiva risulta essere stantia e quella online condizionata da elementi esterni che nulla hanno a che vedere con il mondo dell’editoria, parlare di giornali che sono delle vere e proprie app (senza alcun “paracadute” secondario) sembra poter essere la soluzione a un sistema congestionato che ha portato a un evidente e percepibile crollo della qualità del giornalismo.

App Servizio pubblico, cos’è un giornale in app

Nel web si insegue l’algoritmo di Google, quello delle varie piattaforme social, si decreta il successo di un portale su un altro – ma anche di un tema su un altro – in base a dati condizionati da una fonte esterna che, tra le tante cose, accumula e gestisce i dati personali dei lettori. La direzione del futuro, dunque, deve necessariamente essere quella dell‘indipendenza digitale. L’app Servizio Pubblico (disponibile sia per i dispositivi Android che per gli Apple) cammina proprio lungo quel tragitto che risponde, necessariamente, alle mutazioni del mondo digitale sempre più dipendente da dinamiche che nulla hanno a che vedere con il mondo dell’informazione. Perché un’applicazione mobile consente di avere un controllo molto più indipendente, sotto moltissimi aspetti. Andiamo a scoprire quali.

L’indipendenza da Facebook

Nel corso degli ultimi anni si è acceso un intenso dibattito – con un annesso tentativo di regolamentazione continentale – sul ruolo di Facebook (ma anche delle altre piattaforme social) come “editore”. Perché se buona parte del traffico su un sito web passa dai social network, è quasi obbligatorio il sillogismo sul ruolo fondamentale di queste piattaforme anche per quel che riguarda il mondo del giornalismo. Questo vuol dire: sottostare alle dinamiche social, tentare di rimanere a galla seguendo i famosi “trending topic“, decretare il successo o l’insuccesso di una linea editoriale in base all’engagement, rincorrere tematiche che spostano l’attenzione pubblica su determinate tematiche in luogo di altre, rispondere ai paletti eterei e mutevoli (per decisioni prese da terzi) dell’algoritmo di Facebook (e dei suoi fratelli). Insomma, non tutto ma buona parte dei “contenuti giornalistici” pubblicati sulla vetrina social è soggetto a sistemi che non hanno nulla a che vedere con il giornalismo di un tempo, quando la notizia era al centro di tutto. E con un giornale esclusivamente in app si riesce a evitare tutto ciò (anche i fenomeni del web come l’hate speech), riportando il concetto di notizia al centro del villaggio digitale.

La gestione del traffico

Strettamente collegato a tutto ciò c’è un altro concetto che ritrova vigore (oggi) grazie ai giornali in app. Perché negli app store (per iOS e Android) si trovano aggregatori di notizie che, però, diventano essi stessi delle piattaforme che veicolano il traffico in quella o in un’altra direzione. Cosa che non può accadere con le app di informazione che vivono esclusivamente attraverso il sistema dell’applicazione: il traffico di utenti dipende esclusivamente dal numero di persone che effettuano il download sul proprio dispositivo (mobile o tablet) e iniziano a navigare tra le varie notizie e schede presenti all’interno dell’applicazione. Dunque, il traffico non è veicolato dall’esterno e da sistemi terzi, ma è l’esatta rappresentazione del successo (o meno) di un progetto editoriale. Tutto, dunque, dipende dalla qualità del servizio offerto al lettore e dall’interesse di quest’ultimo per le tematiche affrontate.

Dati a propria disposizione

Proseguendo lungo gli anelli di questa catena verso l’indipendenza digitale, un altro aspetto fondamentale dei giornali in app come l’app Servizio Pubblico è rappresentato dalla possibilità di gestire e poter analizzare dati puri. Quelli del traffico: dal numero degli accessi alla piattaforma mobile alle visualizzazioni di ogni singolo contenuto presente, fino al tempo di permanenza all’interno dell’applicazione o di un articolo (o video). Dunque, si abbandona quel sistema che ha condizionato spesso il sistema dell’informazione online – come Google Analytics, per citare solo l’esempio più conosciuto – e che, in moltissime occasioni, ha messo in evidenza diverse incongruenze tra i numeri ufficiosi e quelli ufficiali. Numeri che, inevitabilmente, decretano il successo o l’insuccesso di un progetto (editoriale e non solo).

App Servizio Pubblico, il giornalismo dell’indipendenza digitale

Questo quadro generale mostra tutti i princìpi alla base di un progetto – come l’app Servizio Pubblico di Michele Santoro – che pone le sue basi su una indipendenza digitale. Si tratta pur sempre di un progetto che nasce in forma mobile, ma cancella dalle sue fondamenta tutti quei retaggi digitali che hanno affossato il mondo dell’informazione. Strumenti che all’inizio sembravano essere utili (soprattutto per la loro vetrina fatta di “gratuità” percepita) e che, dunque, hanno generato una sorta di dipendenza. Poi, con il passare degli anni, i nodi sono venuti al pettine bloccando il cammino dell’informazione di qualità, troppo spesso sacrificata all’altare dell’algoritmo. Se un giornale è solo ed esclusivamente in app, l’informazione dovrà necessariamente essere di qualità perché il successo di un progetto non dipende da nulla se non dai lettori.

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