Ardea e il rischio di sovrinterpretare, alla luce della cronaca, tutta l’attività sui social di una vita

Nelle ultime ore sono comparse diverse rassegne dell'utilizzo delle piattaforme social di Andrea Pignani, che ha ucciso due bambini e un 74enne prima di togliersi la vita

15/06/2021 di Gianmichele Laino

L’omicidio di Ardea, con la morte di due fratellini di 5 e 10 anni e di un signore di 74 anni, non trova giustificazioni in alcun pensiero logico. Gli inquirenti stanno ancora lavorando sulla posizione di Andrea Pignani, che successivamente ai tre delitti si è tolto la vita, ma – al momento – non sembrano emergere elementi che possano dare una qualsiasi tipologia di coerenza alle azioni di domenica 13 giugno. Sempre che coerenza sia la parola giusta, quando parliamo di un omicidio di tre innocenti, di cui due bambini. Visto che non si riescono a trovare spiegazioni razionali, allora il giornalismo italiano – e di conseguenza l’opinione pubblica – si producono nei soliti esercizi stilistici irrazionali, cercando nei meandri della vita del 35enne per inquadrarne in qualche modo le sue mosse.

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La rincorsa ai profili social di Andrea Pignani

E allora, la prima cosa che è stata fatta in questa epoca di iperconnessione è stata quella di andare a cercare il suo nome sui social network. È stato individuato un suo nickname – Mr. Hyde 86 – e sono state analizzate, alla luce di quanto accaduto ad Ardea, tutte le vecchie immagini e le vecchie frasi postate. È stata presa in considerazione la sua citazione di Nietzsche, in uno dei suoi passi più celebri per quanto riguarda la teoria del superuomo. È stata data grande enfasi al passaggio carbone ciò che lascio, sono sicuramente fiamma. È stato definito “umanista” per il fatto di postare spesso versi di Giovanni Pascoli, è stata addirittura sezionata la sua passione per la fotografia.

Ora, se c’è un errore che proprio non bisogna fare è quello di interpretare la sua vecchia attività sui social network alla luce di quello che Andrea Pignani ha fatto domenica scorsa. Tutti noi abbiamo iniziato a utilizzare Facebook nei primi anni Dieci del duemila. Eravamo più giovani, non conoscevamo ancora l’esperienza totalizzante che il social network di Mark Zuckerberg avrebbe assunto di lì a qualche anno. Non potevamo pensare che qualsiasi nostra azione venisse letta in base alla nostra attività in rete. Anche perché, sia chiaro: qui non stiamo parlando di rivendicazioni o di deviazioni di carattere terroristico, che prevedono un indottrinamento che – questa volta sì – anche sui social network avrebbe potuto fornire qualche indizio. Prima dell’orrendo delitto di domenica, l’attività sui social di Andrea Pignani poteva essere giudicata assolutamente normale. Al massimo un po’ decadente. Ma normale.

Dunque, perché far diventare notizia qualcosa che non lo è? Perché interpretare con il senno di poi frasi lasciate sul web mesi, se non anni fa? Quando l’irrazionalità domina le azioni, questa tendenza a volerle inserire in un quadro per forza coerente è davvero spiazzante.

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