AgID sul passaggio da PEC a REM: «Sarà delicato, ma nessuno verrà lasciato indietro»

L'Agenzia per l'Italia Digitale sta conducendo le operazioni all'insegna dell'interoperabilità

04/01/2023 di Redazione

C’è una sfida della transizione digitale italiana che non può essere affatto sottovalutata. Si tratta, nella fattispecie, del passaggio – ormai avviato – dal sistema attuale di posta elettronica certificata allo standard REM. Sarà sicuramente un tema all’ordine del giorno, a livello politico e istituzionale, del prossimo anno e mezzo. L’orizzonte su cui si sta ragionando in questo momento, infatti, è quello di giugno 2024, ma c’è bisogno di attraversare, come vedremo, delle tappe intermedie. Il passaggio da PEC a REM fa parte di un percorso iniziato nel 2019, grazie a una norma – della fine del 2018 – che, tramite un DPCM, metteva nero su bianco che l’attuale sistema di posta elettronica certificata sarebbe andato a morire e che, quindi, si sarebbe reso necessario un sistema alternativo. Ovviamente, non si tratta affatto di una questione banale: la diffusione della PEC in Italia aveva, già all’epoca, raggiunto degli standard molto elevati. Stiamo parlando di circa 14,5 milioni di caselle e di 2,8 miliardi di messaggi scambiati all’anno. AgID – l’Agenzia per l’Italia digitale – ha quindi dovuto trovare una soluzione che non inficiasse l’utilizzo di uno strumento sempre più necessario con l’evoluzione tecnologica della Pubblica Amministrazione e ha guidato, con scrupolo e attenzione, il gruppo di lavoro che sta permettendo, ancora oggi, di assicurare un passaggio lineare al nuovo standard REM.

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AgID sulla REM, gli obiettivi e le garanzie di sicurezza per lo standard

«Il nostro gruppo di lavoro con tutti i gestori PEC – ha spiegato Alessandra Antolini, dell’Area Gestione servizi infrastrutturali di AgID – ha deciso di mettere a fattore comune tutta l’esperienza in campo in questi anni di attività della PEC. Abbiamo iniziato ad analizzare il materiale disponibile, ovvero gli standard ETSI». Ci sono delle macroaree e dei temi di fondo su cui lavorare per l’adeguamento dello standard REM: «Il nostro obiettivo – ha continuato Alessandra Antolini – è stato quello di garantire l’interoperabilità. Qualsiasi provider, in ogni angolo dell’Europa, se parla da solo non funziona. Di conseguenza, abbiamo individuato questo punto come obiettivo principale. Poi, in secondo luogo, è stato importante garantire agli utenti italiani di non cambiare il protocollo di comunicazione STP. Non volevamo in alcun modo che le abitudini dei cittadini e della pubblica amministrazione dovessero mutare. In questo modo, abbiamo cercato di porre le basi per il passaggio più lineare e più equilibrato possibile».

Rientra in questo obiettivo anche la scelta di andare incontro ai cittadini persino nell’elemento più evidente che si noterà subito al momento del passaggio da PEC a REM. I messaggi che gli utenti riceveranno, una volta che si è migrato al nuovo standard, saranno infatti in inglese. AgID, tuttavia, ha preso in considerazione anche la possibilità di una scarsa familiarità dell’utente finale con la lingua straniera: «Interfaccia e altri elementi non cambieranno per gli utenti finali – rassicura Antolini -, tuttavia c’è la questione dell’inglese che rappresenta un grosso problema. Abbiamo predisposto, dunque, un sistema certosino che permetterà agli utenti di avere anche una traduzione in italiano, in modo tale che l’utente non sia disorientato. Per il resto sarà tutto abbastanza simile a ora: si dovranno sicuramente conservare degli allegati, l’oggetto del messaggio sarà in un inglese che provvederemo a tradurre, ma poi cambierà davvero molto poco».

Lato utenti e lato gestori: cosa succederà con il passaggio a REM

Se lato utente cambierà poco, occorrerà comprendere anche l’impatto e l’effetto del nuovo sistema della REM sui gestori PEC attualmente attivi. Si parla, ad esempio, di rilasciare delle qualifiche per i nuovi standard a seconda del capitale social del gestore stesso e – quindi – dell’eventuale adeguamento della norma a questo principio. «Da questo punto di vista – spiega Antolini -, da tecnico, non ho informazioni. È sicuramente un argomento all’attenzione, ma quello che si vuole garantire, e forse il capitale sociale non è proprio lo strumento più corretto, è che il provider che si affaccia a questo nuovo sistema deve garantire non solo livelli di servizio all’altezza, ma anche robustezza e sicurezza. Sono questi i criteri che devono essere presi in considerazione prima di tutto».

Attualmente, la PEC si basava su uno strumento proprietario gestito da AgID che ogni giorno garantiva l’interoperabilità. Nel nuovo modello, non ci sarà più uno strumento proprietario, ma una trusted listQuesto sistema è ancora più trasparente. «AgID sarà l’authority italiana che pubblica la trusted list, ma non ha in mano l’elemento che assicurava l’interoperabilità. Abbiamo cercato di rendere tutto aperto e condivisibile a chi vuole adottare questo modello».

Come si diceva all’inizio, dunque, occorrerà attendere ancora qualche tempo prima di passare al modello REM. La metà del 2024 è una data che era stata immaginata qualche tempo fa, ma è importante – per adesso – passare da un DPCM del governo che possa stabilire l’effettivo start del nuovo modello.

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