Il Tar dà ragione ad AGCOM: Meta è responsabile delle pubblicità che ospita

Tutto è partito da una sanzione da 750mila euro per la responsabilità sulla pubblicità legata al gioco d'azzardo

12/04/2023 di Gianmichele Laino

C’è un terreno legislativamente molto fertile, in Italia, per fare in modo che alcuni principi come quello stabilito dall’AGCOM sulle pubblicità del gioco d’azzardo sulle grandi piattaforme di Big Tech siano affermati. E il terreno fertile è rappresentato senza dubbio dal Decreto Dignità che, dall’estate del 2018 in poi, va a regolamentare tutto ciò che in Italia ruota intorno al mondo delle scommesse, sia online, sia offline. Per molti anni, infatti, prima ancora che il decreto si trasformasse in legge, con lo sviluppo delle grandi piattaforme digitali, si erano aperte ampie praterie per gli operatori del settore, che avevano letteralmente riempito siti e piattaforme con banner e riferimenti ai loro servizi. La disciplina della pubblicità sul gioco d’azzardo, invece, ha limitato fortemente questa proliferazione. C’erano tuttavia delle zone d’ombra: come quella delle piattaforme social che, com’è loro prassi, mettevano a disposizione degli spazi promozionali che venivano acquistati di volta in volta dai clienti. A volte, questi clienti erano rappresentati da operatori del betting. Sempre attraverso i social network, inoltre, c’era la possibilità – grazie all’importanza acquisita nel tempo dagli influencer – di veicolare messaggi promozionali (anche sul gioco d’azzardo) attraverso i contenuti pubblicati da questi ultimi. Alla fine del 2022, tuttavia, l’AGCOM aveva stabilito che la pubblicità illegale in cui ci si poteva imbattere su Facebook o su Instagram doveva essere sanzionata, perché le piattaforme social avevano una loro responsabilità su quel contenuto. La multa era stata quantificata in 750mila euro. Contro quella decisione, Meta aveva fatto ricorso. Tuttavia, la recente sentenza del TAR del Lazio ha dato ragione all’autorità garante delle comunicazioni, stabilendo un principio che – a conti fatti – può essere da guida anche per il resto dell’ecosistema digitale.

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AGCOM contro Meta per la pubblicità illegale, la decisione del TAR

Il principio in questione è che Meta sia responsabile dei contenuti pubblicitari che vengono promossi sulla sua piattaforma. In modo particolare, questa responsabilità ricade sull’azienda quando gli utenti che accedono alle sponsorizzazioni siano degli utenti business. Per loro, infatti, la procedura di attivazione di una campagna promozionale è estremamente severa: Meta presenta – all’interno dei suoi canali ufficiali – tutti i passaggi necessari ai clienti business per avviare una propria campagna. Non è più come una volta: non basta, semplicemente, mettere qualche spicciolo su un contenuto del proprio feed e spingerlo più in alto degli altri per farlo circolare di più tra un pubblico specifico. Le campagne di sponsorizzazione sono dei veri e propri contenuti editoriali, che devono rispettare standard visuali, grafici, testuali e che – soprattutto – non devono essere in violazione con le policies della piattaforma. Proprio a questo scopo, prima di approvare una campagna, Facebook e Instagram fanno passare un lasso di tempo congruo alla verifica dei contenuti promozionali. 

Nonostante questo, Meta aveva provato a difendersi rispetto al provvedimento dell’AGCOM, sostenendo che il social network non poteva essere responsabile di tutti i contenuti per i quali utenti terzi si servivano della piattaforma. Si tratta del principio con cui, ad esempio negli Stati Uniti, Meta porta avanti queste battaglie: la vecchia Section 230 del Communications Decency Act è stata sempre una soluzione omnibus per tutte le questioni relative alla responsabilità delle piattaforme di Big Tech rispetto ai contenuti che attraverso queste ultime vengono diffusi. In pratica, il controllo sui contenuti non viene ritenuto una responsabilità “dovuta” alle piattaforme social o ai motori di ricerca (o ad altre piattaforme che pubblicano contenuti di terze parti), che altrimenti sarebbero equiparate a prodotti editoriali. Tuttavia, capita molto spesso che Facebook o Instagram, attraverso i loro team di moderazione, si assumano delle responsabilità sui contenuti che vengono pubblicati da terze parti. Dunque, perché questa stessa “severità” non viene applicata anche alle inserzioni pubblicitarie che, come quelle relative al gioco d’azzardo, non sono lecite secondo le normative del nostro Paese.

Il principio – che spiegheremo meglio in un altro articolo di questo nostro approfondimento – del notice&stay down, che rappresenta una prescrizione obbligatoria rispetto a un contenuto già ritenuto illecito, deve essere applicato a quegli utenti business che propongono le inserzioni su Facebook e Instagram e che, per questo, versano un corrispettivo economico. Sulla pubblicità, in base a quanto stabilito dal tribunale amministrativo (ma non è escluso che Meta possa andare avanti nell’iter, facendo appello al Consiglio di Stato), le autorità e le istituzioni del nostro Paese hanno segnato una tacca sulla lavagnetta. Bisognerà vedere quanto questo passaggio sarà recepito anche altrove e quale sarà la reazione di Meta e degli altri colossi di Big Tech.

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