Se la vita i Matteo Salvini fosse un film su Zorro
15/05/2019 di Enzo Boldi
Pagina 1 del libro su Matteo Salvini: «D’ingiustizie nella vita ne ha subite anche lui, sin da piccolo, quando racconta ironicamente che all’asilo gli rubarono il pupazzetto di Zorro». L’intervista di Chiara Giannini al ministro dell’Interno – pubblicata, con tutte le polemiche annesse, da Altaforte, la casa editrice vicina a CasaPound – svela alcuni retroscena sul leader della Lega nella vita di tutti giorni. Svestite le divise, le felpe elettorali e gli abiti da capo del dicastero dell’Interno, infatti, è emersa una passione – fin da quando era piccolo – per l’eroe mascherato californiano. Un personaggio che ha segnato la vita di Matteo Salvini a tal punto da considerate quel furto del «pupazzetto di Zorro» ai tempi dell’asilo come una gravissima ingiustizia.
Tra il personaggio di Don Diego de La Vega (Zorro, in incognito) e il leader della Lega (Salvini, nella vita privata) ci sono molti punti di contatto. Partiamo dagli abiti: come accade per l’eroe mascherato, anche il ministro dell’Interno ha i suoi travestimenti. Se per Zorro il cambio d’abito è sempre lo stesso (ma lo distingue dalla sua vera anima di tutti i giorni), per Salvini cambia in base al luogo in cui si trova. Come una sorta di messa in scena teatrale, infatti, il leader della Lega – quando si mostra al pubblico – indossa sempre maglie, felpe o divise che meglio saziano la fame delle piazze.
Passiamo al soprannome. In questo ci viene in soccorso il murale di TvBoy comparso lo scorso 22 marzo a Roma e che dipingeva i tre massimi esponenti della maggioranza gialloverde come i protagonisti di Pinocchio, il romanzo di Collodi. Perché questo ci aiuta? Il motivo è semplice: Zorro, in lingua spagnola, vuol dire ‘volpe’. In quell’affissione capitolina, infatti, Matteo Salvini venne disegnato come la volpe che, insieme al gatto Di Maio, muoveva i fili del burattino Giuseppe Conte. E Salvini ha dimostrato di essere scaltro e molto furbo, proprio come una volpe.
La frusta e la ruspa
Certamente, a differenza di quanto raccontato nel primo romanzo breve scritto da Johnston McCulley nel lontano 1919 – dando il via a tutta una lunghissima letteratura, cinematografia e fumetti attorno al personaggio di Zorro – i mezzi che distinguono il personaggio dell’eroe mascherato e quello di Matteo Salvini sono le armi. Da una parte, infatti, oltre alla spada con cui combatte e lascia la propria ‘Z’ sugli abiti dei rivali, Don Diego de la Vega è famoso per l’utilizzo della frusta. Matteo Salvini, invece, vivendo in un epoca più moderna e sviluppata dal punto di vista tecnologico, ha fatto sua la ruspa come simbolo per abbattere i reati.
Le diversità tra Salvini e Zorro
Il film della vita di Matteo Salvini a mo’ di Zorro, però, troverebbe degli ostacoli insormontabili nelle questioni che riguardano la moralità. Don Diego de la Vega, infatti, indossa la maschera e ‘cambia’ la propria personalità per difendere i più deboli. Quelle persone che sono in difficoltà, vengono discriminate per la loro povertà e il loro stato sociale. Soprusi da parte di chi detiene il potere per curare solamente i propri interessi. Matteo Salvini, invece, indossa le felpe con il nome di ogni città per mostrare vicinanza, poi si sottrae da molte responsabilità nell’andare in aiuto dei più bisognosi. Le ataviche polemiche sui migranti – con il motto «aiutiamoli a casa loro» che è rimasto una eco elettorale senza alcun riscontro sul campo -, le ultime sull’energia elettrica ridata al palazzo occupato in via Santa Croce in Gerusalemme a Roma, lo rendono ben distante dal suo idolo di infanzia. Nonostante le maschere, le ‘armi’, la furbizia e la scaltrezza.
(foto di copertina: ANSA/CAMPANINI/ELISABETTA BARACCHI)