Il vaccino di Oxford contro il Covid-19 potrebbe essere disponibile da gennaio

In un’intervista rilasciata a Libero, il presidente dell’Irbm di Pomezia Piero Di Lorenzo, ha parlato degli ottimi risultati del vaccino contro il Covid-19 di Oxford, che potrebbe entrare in commercio da gennaio. Secondo le previsioni di Di Lorenzo, si potranno produrre fino a 30 milioni di dosi, ognuna delle quali costerà circa 2-3 euro e sarà disponibile in farmacia dal gennaio prossimo.

«Ci auguriamo che la sperimentazione possa finire entro settembre», ha detto Di Lorenzo. «Penso che i governi prima organizzino la vaccinazione delle categorie più a rischio. Quindi le prime dosi in commercio di saranno dall’inizio dell’anno prossimo», ha continuato il presidente dell’Irbm di Pomezia. La società è stata fondata nel 2009 e si occupa di biotecnologia molecolare, in particolare della scoperta di nuovi farmaci.

Il vaccino, che per ora ha il nome di ChAdOx1, è sperimentato dalla multinazionale britannica AstraZeneca in collaborazione con l’Università di Oxford e, appunto, l’italiana Irbm di Pomezia.

«la risposta immunitaria è stata promettente e non sono evidenziate controindicazioni significative», ha detto Di Lorenzo a Libero. «La copertura entro pochi mesi sarà nel complesso buona, insomma entro dodici mesi il pianeta sarà immune», ha continuato il direttore con un’altra previsione molto ottimistica.

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Il vaccino di Oxford, l’antidoto che potrebbe salvare il mondo dalla pandemia

Secondo fonti ufficiali dell’Università di Oxford, la risposta del vaccino nelle prime tre fasi dellla sperimentazione è stata, nel complesso, molto positiva. Tuttavia, gli scienziati sono stati molto cauti nel commentare i risultati delle prime sperimentazioni, definendoli “iniziali” e “promettenti”.

«Nessuno può essere completamente sicuro che il vaccino sarà pronto entro la fine dell’anno e in commercio dall’inizio del 2021. È per questo che ci sono i trial. I prospetti sono molto positivi ma non posso dirlo con sicurezza», ha detto alla BBC la dottoressa Sarah Gilbert, una degli scienziati a capo della ricerca all’Università di Oxford.

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