Un whistleblower di Uber ha definito «antidemocratico» il potere delle aziende tecnologiche

L'ex lobbista di Uber Mark MacGann ha apertamente chiesto all'Ue di frenare l'enorme potere che deriva da «finanziamenti quasi illimitati»

26/10/2022 di Ilaria Roncone

Mark MacGann, ex lobbista di Uber che ha partecipato a un’audizione in commissione al Parlamento europeo a Bruxelles, si è espresso in modo molto chiaro e duro rispetto a un potere «antidemocratico» che le aziende tecnologiche più grandi esercitano grazie alla disponibilità di «finanziamenti quasi illimitati» scendendo, nel dettaglio, nel caso specifico di Uber. Caso in cui il denaro sarebbe sempre stato usato per sanare le controversie regali messe in campo dagli autisti. Il whistleblower Uber ha parlato del modo in cui l’azienda avrebbe violato la legge esercitando pressioni sui governi in tutto il mondo ed esercitando, di fatti, quel potere che definisce «sproporzionato» di cui le Big Tech sono dotate.

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Il whistleblower Uber parla di pratiche «al limite dell’immorale»

Quello che è stato il principale lobbista di Uber in Europa ha parlato alla commissione di eurodeputati di pratiche «al limite dell’immorale» da parte dei dirigenti per mettere pressione e far tacere gli autisti quando emergevano controversie di tipo legale. «Dare un potere sproporzionato nella legislazione alle grandi piattaforme tecnologiche rischia di mandare in frantumi la giustizia sociale», ha affermato l’ex lobbista sperando che la sua testimonianza porti i legislatori a comprendere meglio quello che succede nelle grandi aziende tecnologiche a partire dall’esempio di Uber.

Nel mentre, presso l’Ue sono in corso discussioni relative all’imporre – tramite leggi – alle aziende tecnologiche della gig economy di garantire ai lavoratori un salario minimo, l’accesso alla malattia e alle ferie. L’onere della prova dello status occupazionale, inoltre, passerebbe nelle mani delle aziende invece che in quelle dei lavoratori: «L’onere finanziario deve ricadere su chi può permetterselo, cioè sulle società della piattaforma e non sugli autisti – ha affermato MacGann -. Aziende come Uber hanno così tanti soldi da affogare nelle spese legali».

Nel 2015/16 Uber ha speso 90 milioni di dollari in lobbying

Parlando specificatamente del periodo in cui ci ha lavorato, MacGann ha fatto riferimento all’enorme quantità di denaro che l’azienda ha speso in lobbying e comunicazione potendo contare su «decine, se non centinaia di milioni» da investire, in tutto il mondo, in costosi avvocati: «Non sono qualificato per parlare della legalità delle pratiche di lobbying di Uber, ma penso solo che alcune di esse siano al limite dell’immorale». Il punto non è, come ha specificato l’ex lobbista, impedire che si faccia lobbying ma bisogna puntare a «un’attività di lobbying trasparente e ben organizzata» quando l’equilibrio di potere risulta essere così sbilanciato.

«Quando le aziende tecnologiche dispongono di risorse finanziarie sproporzionate per promuovere il loro messaggio, a spese dei lavoratori molto meno potenti su cui si basa il loro modello, c’è qualcosa di veramente antidemocratico», sottolinea MacGann. L’uomo non ha esitato a criticare anche l’Ue, definendola «complice» delle pratiche Uber in alcuni casi e spingendo gli Stati membri a farsi la lotta tra loro per attirare l’azienda a insediarsi nel paese.

Prima si è rivolto ai politici, poi alla stampa

L’esperienza di informatore è stata definita «molto difficile», percorso solitario di chi ha provato a condividere le esperienze con diversi funzionai eletti – cita anche sindaco di Londra, Sadiq Khan – non ricevendo un feedback e scegliendo poi di rivolgersi al Guardian per consegnare i 124 mila file aziendali condivisi poi con il resto dei media mondiali tramite il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi.

Da questa enorme mole di documenti relativa al lavoro che l’uomo ha compiuto tra il 2014 3 il 2016 fa emergere come Uber abbia aggirato la legge, ingannato la polizia, sfruttato la violenza contro gli autisti e fatto pressione sui governi di tutto il mondo. Dai dossier emerge cime Marcon, da ministro dell’Economia, abbia compiuto molti sforzi per sostenere la campagna di Uber che puntava a sconvolgere l’industria francese dei taxi così da favorire Uber.

Uber, dal canto suo, ha accolto favorevolmente la bozza di direttiva dell’Ue sui lavoratori delle piattaforme ma ha scelto di «mettere in guardia da un approccio che li classifichi come dipendenti» gli autisti, di cui – secondo l’azienda – la maggior parte non vorrebbe questo titolo.

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