#Nostreamday: le lotte sindacali del Terzo Millennio | IL SIGNOR DISTRUGGERE
Le ragioni di quella che è una vera e propria battaglia sindacale del terzo millennio
11/12/2020 di Il Signor Distruggere
Da qualche giorno su Twitter, ma anche su altri media, si parla della rivolta degli streamer di Twitch e del loro #nostreamday, una vera e propria battaglia sindacale del terzo millennio che ad oggi ha già coinvolto più di 50 personaggi operanti sul sito e ottenuto l’endorsement di personalità di rilievo come Fedez. Praticamente chi grazie alla piattaforma lavora richiede maggiori tutele e maggiore trasparenza dei regolamenti interni, mettendo ad esempio nero su bianco cosa è vietato dire e fare e cosa è satiricamente concesso. Per chi non lo sapesse Twitch è una piattaforma video, gestita da Amazon, che permette, un po’ come YouTube, di trasmettere delle live e di ricavare, grazie a esse, un profitto. Per chi, invece, fosse convinto che si tratti di un hobby, di una perdita di tempo o di una questione su due spicci, forse dovrebbe sapere che uno dei più popolari podcast italiani su Twitch fattura anche 20.000 $ al mese, parlo del “Cerbero”.
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Twitch, perché è partito il #nostreamday
La molla che ha scatenato il tutto è partita dal ban di uno streamer, ma non per le ragioni legate al provvedimento, ma per le modalità con cui esso è stato applicato. L’utente, che si chiama Sdrumox, si è reso colpevole di aver condiviso un contenuto razzista, prima è stato sospeso per sei mesi, poi, allo scadere del tempo, è stato bannato permanentemente. Inoltre, come riportato da Open, gli streamer in rivolta denunciano anche l’atteggiamento di Twitch nei riguardi di chi osa criticare le sanzioni applicate ad altri creator, nei propri spazi, punendoli a loro volta con il ban o il ban permanente. Metodica che ricorda un po’ la censura.
Pare però che qualcuno in Twitch abbia recepito il messaggio, infatti a partire dal 22 gennaio entreranno in vigore i nuovi termini di utilizzo, quelli che dovrebbero fare maggiore chiarezza sulla questione. Per capirci qualcosa in più ho posto due domande a Felice Rossi, in arte Mr.Flame, uno dei tre protagonisti del Cerbero Podcast e quindi uno dei partecipanti allo sciopero.
L’intervista a Mr. Flame (Cerbero Podcast) che spiega le motivazioni del #nostreamday
Perché il problema sollevato con Twitch è diverso rispetto a quelli che possono venirsi a creare su Facebook o su YouTube? Anche lì c’è la possibilità di vedersi bannare senza troppe spiegazioni e senza avere la possibilità di chiedere chiarimenti a qualcuno se non a un algoritmo.
Il problema di Twitch è che il ban viene perpetrato ad personam, quindi tu nel periodo di ban non puoi né comparire né stremmare in altri canali. Inoltre non ti è permesso andare in live neanche su altri social, nemmeno comparire per sbaglio. Se appari volutamente o meno in live altrui (cosa probabile visto le molte live IRL, format molto diffuso) pena il ban per la persona che stremma e permaban per la persona bannata che appare nella stream. Twitch è una piattaforma molto giovane quindi riscontra varie criticità, il suo vantaggio è soprattutto quello di avere un contatto (minimo o più) diretto con i mod italiani o personalmente o tramite management. Cosa credo non possibile per tutti visto la tantissima affluenza di creators e il numero secondo noi troppo povero di moderatori per una community che sta crescendo sempre di più.
L’annunciato aggiornamento dei termini di servizio di Twitch, che sarà in vigore dal 22 gennaio, è una vittoria o un primo passo?
L’aggiornamento uscito ieri di Twitch è un primo passo, come lo è stato questo primo giorno. L’obbiettivo è collaborare tutti insieme, più streamer ci saranno e più possibilità avremo di raggiungere il nostro scopo. Inoltre va specificato che negli USA queste proteste vanno avanti già da un po’, con l’aggiornamento siamo consapevoli che le regole saranno più dure, ma speriamo almeno più chiare.