Non è un “vizio” esclusivamente italiano. Un’indagine condotta dalla Commissione Europea ha messo in evidenza un aspetto molto critico per quel che riguarda la trasparenza e il rispetto delle normative da parte degli influencer: 4 su 5 non hanno esplicitamente comunicato ai loro follower la presenza di contenuti sponsorizzati, di partnership o meramente pubblicitari. Dunque, solamente il 20% di quegli account analizzati ha sempre rispettato le “regole del gioco”, utilizzando le etichette ad hoc e spiegando a chi segue i loro contenuti la natura commerciale di ciò che viene pubblicato sui loro profili.
E di chi è la responsabilità? Se in Italia si da riferimento solamente agli influencer – equiparati agli editori -, in Europa il paradigma è differente. Se è vero che chi non ha rispettato le regole è stato già segnalato alle singole autorità competenti di ogni singolo Stato membro, a livello continentale la responsabilità è anche delle piattaforme. Come indicato dal Digital Service Act (DSA), entrato in vigore per tutte le piattaforme sabato 17 febbraio, Instagram, Facebook, X, TikTok e le altre dovranno supervisionare la trasparenza nelle comunicazioni commerciale degli utenti che utilizzano i loro servizi.
Onori e oneri. Come quelli delle stesse piattaforme che non riescono a mettere un freno a quelle truffe social che – utilizzando il brand phishing – continuano a pullulare. Come su X e Facebook, dove da settimane appaiono (come contenuti sponsorizzati, da profili con “spunte blu”) post in cui vengono utilizzati nomi e volti noti per invitare gli utenti a investire in criptovalute. Ovviamente, si tratta di frodi che sono a conoscenza di tutti. Anche dei social network stessi che, però, sembrano addormentati di fronte a tutto ciò.