Solo un influencer su cinque dichiara (sempre) i contenuti pubblicitari

Lo rivela un'indagine della Commissione UE. Il "vizio", dunque, non è solamente italiano. E da due giorni, il DSA controllerà anche la trasparenza e la responsabilità, su questo, delle singole piattaforme

19/02/2024 di Enzo Boldi

Il “vizio” non è solamente italiano. La scarsa trasparenza nelle comunicazioni social è un problema che riguarda l’intero ecosistema dei content creator, soprattutto per quel che riguarda le sponsorizzazioni e i contenuti pubblicitari (figli di accordi commerciali tra il singolo e le aziende). È questo il preoccupante dato che emerge da un’indagine condotta dalla Commissione UE sugli influencer di tutta Europa. Solamente uno su cinque, il 20%, dichiara sempre e pedissequamente ai suoi follower la natura commerciale di un post, di un video e delle stories. Tutti gli altri, invece, non seguono questo principio che – tra le tante cose – è anche oggetto di una normativa ad hoc e che, ora, è anche oggetto delle verifiche ai sensi del Digital Service Act.

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Lo screening è stato condotto dalla Commissione europea, in collaborazione con le autorità nazionali per la tutela dei consumatori di 24 Paesi: oltre a 22 Stati membri (Austria, Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia), i dati sono stati raccolti da Islanda e Norvegia e inseriti in questa ricerca anche. Un campione totale che conta 576 influencer che condividono contenuti su tutte le piattaforme social (in particolare su Instagram).

Indagine UE sugli influencer, chi non dichiara gli adv

Di questi, 73 hanno tra i 5mila e i 100mila follower, 301 ne hanno oltre 100mila e 82 ne hanno oltre un milione. Dunque, si è andati a coprire buona parte dei livelli del cosiddetto influencer marketing. Per questo motivo è molto interessante andare a leggere i risultati, in termini di trasparenza pubblicitaria, di questa indagine:

  • Quasi tutti, circa il 97%, hanno pubblicato sui propri canali social dei contenuti di tipo commerciale, ma solamente 1 su 5 (il 20%) è sempre stato trasparente con gli utenti dichiarando la natura pubblicitaria di quanto condiviso sulle piattaforme.
  • Gli influencer che esercitano un’attività commerciale sono il Il 78%, ma solamente il 36% di loro si è “registrato” come commerciante a livello nazionale.
  • Il 44% degli influencer ha un proprio sito web da cui si può procedere con una vendita diretta dei prodotti “sponsorizzati”.

Questi i tre elementi principali e più interessanti che emergono dall’indagine UE sugli influencer. In particolare, il fatto che il 20% dei content creator analizzati non sia stato sempre trasparente nelle comunicazioni commerciali, è un grave problema. Soprattutto per tutte le piattaforme, visto che dal 17 febbraio è entrato in vigore il DSA (che, fino a due giorni fa era valido “solamente per Instagram, TikTok, Youtube, Facebook, X e Snapchat) e dovranno essere loro a intervenire per segnalare eventuali violazioni per evitare pesanti sanzioni.

Chi rischia grosso

L’indagine della Commissione UE non è solamente una valutazione statistica in grado di fornire una fotografia della situazione in vista dell’entrata in vigore del Digital Service Act. Perché le violazioni riscontrate saranno oggetto di valutazioni da parte delle singole autorità nazionali competenti in materia. Ben 358 influencer, infatti, sono stati destinati a ulteriori indagini, con le suddette autorità nazionali che dovranno contattarli per “invitarli” al rispetto delle regole per quel che riguarda la trasparenza nelle comunicazioni di tipo commerciale. E, qualora ci fossero evidenze ancor più gravi, potrebbero incorrere in ulteriori sanzioni. A prescindere dal DSA.

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