A tutti i giornali che ci tengono a fare sapere «cosa c’è nel video di Ciro Grillo»

Nessuno deve descrivere quanto accade nel video di Ciro Grillo, nemmeno e tantomeno la stampa

29/04/2021 di Ilaria Roncone

Lo vogliono sapere tutti. Cosa c’è nel video Ciro Grillo? Cosa si vede del presunto stupro? In quella manciata di secondi si trovano le prove della colpevolezza o dell’innocenza degli imputati? Non è che, alla fine dei conti, lei si stava anche divertendo? Queste maledette domande passano per la testa delle persone che cercano il video online. Domande che non devono trovare alcuna risposta e che, a onor del vero, non dovremmo nemmeno farci. Nessuno di noi. La morbosa curiosità che si è creata attorno a questo caso dopo il video di Beppe Grillo e dopo la politicizzazione della vicenda, tra attacchi strumentali e la «solidarietà come padre» offerta al garante dei 5 Stelle, è sbagliata. I giornali che scelgono di occuparsene con titoli ironici e toni irrispettosi, facendo leva sul contenuto del video e descrivendolo, sbagliano.

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Video Ciro Grillo, la gente è morbosa e i media cavalcano la morbosità per i clic

La regola la sappiamo. Scriviamo di ciò che tira, parliamo di quello che piace alla gente, ci inseguiamo a vicenda facendo a gara per quel clic in più in modo da portare a casa la pagnotta. Ci sono però delle volte in cui il limite viene valicato e questa, con le indagini in corso e un processo che potrebbe avere luogo, è senza alcun dubbio una di quelle. Con titoli come «Ecco cosa c’è nel video di Ciro che manda Grillo fuori di testa» (La Verità) e rilanci come «Cosa c’è nel video citato da Beppe Grillo sul presunto stupro in Sardegna» (Tpi) il clic è assicurato a prescindere dal contenuto.

C’è chi si spinge oltre, come Dagospia, che non solo fa titoli di dubbio gusto come quello che mostriamo nell’immagine copertina ma descrive con morbosità quello che si vede in quel video. Un video che, al di là di essere una prova in un’indagine in corso, vede protagonista una giovanissima donna che non ha mai autorizzato alla divulgazione di quel materiale e che ora dovrà soffrire anche per questo. Descrivere minuziosamente e con espressioni – che volutamente riportiamo mozzate – come le seguenti è fare informazione? Tra le altre: «Presunto branco si avventa sulla preda», «anche contemporaneamente», «una pratica, quella della gang bang, assai gettonata sui siti porno».

Partiamo dal non fare quanto citato sopra. Questo video – come gli altri mille che purtroppo diventano il centro di fatti di cronaca – non va descritto minuziosamente andando a nutrire la morbosità della gente. Non è compito del giornalista dare voce a questo tipo di materiale. Possiamo parlare di quanto è accaduto e sta accadendo, aggiornare sui passi in avanti che si compiono nelle indagini e su quello che emerge, parlare di come un video di Beppe Grillo possa incidere sulle sorti delle indagini e su quelle della giovane donna presunta vittima di uno stupro. Descrivere il video, arrivare a ipotizzare o a sottintendere la colpevolezza o l’innocenza del carnefice, giudicare la vittima, sfruttare un video del genere per fare clic: questo no.

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