Iniziano a esserci dubbi sulla scelta di Tinder di indicare la fedina penale prima di un match

Possibile aumento della discriminazione e dubbi su possibili database obsoleti

13/04/2021 di Gianmichele Laino

La scelta di Tinder, sviluppata alla fine del 2020 e annunciata nel mese di marzo, di verificare i match tra due utenti attraverso la funzione del controllo della fedina penale per evitare eventuali violenze o relazioni indesiderate con persone con precedenti penali era stata salutata come una piccola rivoluzione per aumentare la sicurezza negli incontri online, in un periodo particolarmente complesso come quello che stiamo vivendo, in cui i servizi di questo tipo rappresentano una delle poche soluzioni per conoscere nuove persone. Adesso, tuttavia, gli utenti e le associazioni specializzate che si occupano di precedenti penali e diritti di persone colpite da provvedimenti restrittivi stanno iniziando ad avanzare alcuni dubbi in merito a questa funzione che sarebbe gestita da un team esterno alla piattaforma, Garbo, che dovrebbe occuparsi non soltanto di Tinder, ma anche degli altri servizi controllati da Match Group.

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I dubbi sulla funzione del controllo della fedina penale da parte di Tinder

Tinder partiva da un presupposto corretto, se vogliamo. Nel 2019 il suo “editore” Match Group era stato investito da una polemica legata alla sicurezza, con diversi utenti dei suoi servizi che avevano dichiarato di aver avuto problemi di violenza in seguito all’utilizzo delle piattaforme. Tinder ha pensato di ovviare a questa situazione attraverso una gestione più controllata dei match che propone ai propri utenti. Ma Garbo, che è il team a cui si è affidato per fare questo lavoro, sta ancora definendo i criteri che staranno alla base di eventuali alert sulle fedine penali degli utenti.

Gli esperti nel settore – sociologi e criminologi, ma anche associazioni che si occupano di giustizia negli Stati Uniti – hanno evidenziato come questa funzionalità possa essere in realtà alla base di ulteriori fenomeni di discriminazione razziale nei confronti degli utenti, soprattutto legati a quegli episodi di giustizia controversi che affollano il sistema americano. Molti criminologi sostengono, ad esempio, che questo meccanismo andrebbe a innestare della paura anche laddove non ce ne sarebbe bisogno.

L’organizzazione Prison Policy Initiative, invece, ha affermato al Guardian che «poiché gli Stati Uniti non applicano le leggi allo stesso modo, i controlli dei precedenti penali sulle app di appuntamenti filtrerebbero sistematicamente i gruppi di persone che sono già emarginati». Senza contare sul fatto che il team che sviluppa questa funzione si baserebbe su database nazionali che, secondo una ricerca, sarebbero pieni di errori nei casellari giudiziari, con punte del 41%. Insomma, il rischio di indicare precedenti penali per una persona incensurata sarebbe troppo alto. Come procederà, alla luce di queste indagini, la sperimentazione di Tinder in questa direzione?

 

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