La bufala della tassa sulla pipì nei bar e ristoranti del Lazio
15/09/2019 di Gaia Mellone
Il mondo si divide in due. C’è chi per usare il bagno in un locale pubblico ordina sempre qualcosa: un caffé, una bottiglietta d’acqua, una merendina. E c’è chi invece entra e corre in bagno. Ma si divide anche in due altre categorie: chi crede alle bufale e chi invece no. Ed è proprio quella della “tassa sulla pipì” ad aver scatenato il panico in rete nelle ultime 24 ore, sopratutto dei più incontinenti.
La bufala della tassa sulla pipì nei bar e ristoranti del Lazio
Diciamolo subito: non è vero che il Lazio ha intenzione di mettere una tassa per far pagare una somma seppur minima a chi utilizza i bagni di un servizio pubblico pur non essendone cliente. La notizia si era diffusa in rete, come parte della proposta di legge regionale n. 37 del 20 giugno 2018, all’articolo 6. «Qualora il servizio igienico, per i soggetti diversi dalla clientela dell’esercizio, sia messo a pagamento, il prezzo dello stesso deve essere reso ben noto attraverso l’apposizione di idoneo cartello» riportavano alcuni media italiani.
Il giorno successivo la smentita arriva direttamente dai tecnici della Regione Lazio che hanno lavorato al testo unico del Commercio poi approvato in via definitiva il 12 settembre. Proprio loro hanno spiegato alla Adnkronos che «la Regione non può imporre nessuna tassa ai Comuni» e che il comma citato altro non fa che normare un servizio. Ad una attenta lettura infatti si comprende bene che il testo dell’articolo non impone un pagamento ai cittadini per utilizzare i servizi igienici ma anzi «proprio per evitare brutte sorprese, impone a quegli esercizi che già oggi – e ce ne sono – mettono a disposizione la toilette anche a chi non è proprio cliente dietro richiesta di un compenso, di specificarlo esponendo fuori un cartello chiaro con tanto di prezzo affinché qualsiasi cittadino possa regolarsi e decidere se utilizzare o meno il servizio».
(Credits immagine di copertina: Pixabay License)