I talebani continuano a crescere sul web, nonostante le dichiarazioni di Facebook e YouTube
Twitter, tra l'altro, non ha ancora preso una posizione ufficiale, mentre le altre piattaforme sono ancora in difficoltà al cospetto dei contenuti pubblicati dai talebani
19/08/2021 di Gianmichele Laino
Siamo tutti rimasti colpiti dalle immagini che arrivano da Kabul. Quelle che mostrano la disperazione del popolo afghano sulla pista di decollo dell’aeroporto, quelle delle rappresaglie in strada. Ma anche quelle dei “nuovi” talebani: tutti, insieme alle armi, imbracciano il loro smartphone di ultima generazione. E twittano. E mettono like su Facebook. E fanno visualizzazioni dei video di YouTube. Del resto, lo avevamo notato anche noi – e abbiamo ricevuto conferme in merito dal direttore di Afghanistan International, Harun Najafizada -: i portavoce dei talebani hanno un account Twitter, si presentano in trasmissione televisive, vogliono aumentare la loro guerra di posizione mediatica. Per farlo, com’è ovvio, utilizzano anche i social network.
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Talebani sui social, l’altra avanzata inarrestabile
Nei giorni scorsi, diverse testate americane a stretto contatto con i giganti della Silicon Valley hanno insistito con i loro portavoce per avere una risposta chiara sull’atteggiamento dei big del web, come Facebook, YouTube, Twitter, nei confronti di account palesemente gestiti da talebani o da simpatizzanti dei talebani. Le risposte che sono arrivate (qui e qui), in realtà, non sono state convincenti. Le formule utilizzate nei comunicati dei loro portavoce, infatti, sembrano di circostanza e suonano come: «abbiamo sempre bloccato gli account dei talebani e continueremo a farlo».
Facendo un passo indietro nella storia, in effetti, possiamo senza dubbio affermare che piattaforme come Facebook e YouTube abbiano seguito il governo americano da questo punto di vista. L’amministrazione USA ha da sempre inserito i talebani all’interno delle liste delle organizzazioni terroristiche, in questo seguita da buona parte dei Paesi dell’UE: di conseguenza, i social network si sono comportati allo stesso modo, bannando i contenuti talebani dalle proprie piattaforme. Ma questo è avvenuto sistematicamente negli anni scorsi.
La posizione delle grandi aziende del web sui talebani
Nell’ultimo periodo, account dormienti di persone simpatizzanti per i talebani sono tornati in funzione, come ha scritto – ad esempio – il NY Times. Anzi, sarebbero nati – dal 9 agosto a oggi – altri 100 account ricollegabili ai talebani, sia su Facebook, sia su Twitter. E, al momento, questi account non sono stati ancora bloccati. Zabihullah Mujahid, dall’alto dei suoi 324mila followers (quasi 50mila in più, soltanto negli ultimi tre giorni in base a ciò che risulta a Giornalettismo), continua a twittare comunicazioni ufficiali del sedicente Emirato islamico dell’Afghanistan. Altri account condividono video non di esplicite violenze, ma che sottintendono comunque una propaganda positiva per i talebani. E le piattaforme li lasciano lì dove sono, permettendo ai video di avere migliaia di visualizzazioni (quando, prima dell’ultima ascesa dei talebani erano limitati a poche centinaia di visualizzazioni).
Qual è la difficoltà? È quella di non sapere come comportarsi, perché la stessa comunità internazionale ha avuto delle oscillazioni. I talebani vanno riconosciuti come interlocutori? E, a quel punto, ha senso silenziarli sui social network? Sono le domande che circolano insistentemente dalle parti di Menlo Park, ma anche nel quartier generale di Twitter (che, ad esempio, su Donald Trump e la sua disinformazione aveva preso delle posizioni molto più radicali). Ma il tempo per rispondere a queste stesse domande è sempre meno.