Cos’è “Take it down”, la nuova piattaforma (col supporto di Meta) contro la pedopornografia

Facebook e Instagram hanno collaborato con il National Center for Missing and Exploited Children per la realizzazione di questo portale. Un'iniziativa importante che, però, rischia di scontrarsi con problematiche già emerse nel 2018

01/03/2023 di Enzo Boldi

Un progetto che nasce sotto i migliori auspici, nel difficile tentativo di debellare una parte di Internet da quella piaga (un reato contro i minori) chiamata pedopornografia. Si tratta di una piattaforma che si chiama “Take it Down“, realizzata dal National for Missing and Exploited Children (NCMEC) con il supporto di Meta. A differenza di un vecchio tentativo fatto da Facebook nel 2018 – StopNCII – che non ha portato a risultati straordinari (per una serie di criticità), questo portale mette al centro dell’attenzione il minore che ha visto circolare nel web una sua immagine intima (compresi i contenuti sessualmente espliciti in formato video).

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La piattaforma è stata pubblicata online nella giornata di lunedì 27 febbraio, con le spiegazioni per un corretto utilizzo da parte dei minorenni (ma anche di chi, ormai maggiorenne, ha visto una sua foto o video intimi di quando era minore circolare in rete) vittime di pedopornografia, revenge porn e sextortion.

«Take it down. Avere nudi online è spaventoso, ma c’è speranza che vengano rimossi. Questo servizio è un passo che puoi compiere per aiutare a rimuovere online foto e video di nudo, parzialmente nudo o sessualmente espliciti realizzati prima dei 18 anni»: questa è la descrizione che compare aprendo il sito.

Take it down, la piattaforma di Meta contro la pedopornografia

Prima di descrivere le funzionalità della piattaforma, occorre evidenziare un aspetto: alla realizzazione di Take it Down non ha collaborato solamente Meta (in qualità di rappresentante unico di Facebook e Instagram), ma anche realtà come PornHub,OnlyFans e Yubo, un’app social sviluppata in Francia. Queste aziende, dunque, fanno parte del progetto che, però, non potrà indagare lungo l’intero spettro della rete. Il motivo è semplice e spiegato nelle FAQ: «Tieni presente che la tecnologia di hashing di immagini e video utilizzata per questo servizio non funzionerà su piattaforme o superfici crittografate». Inoltre, le piattaforme che utilizzano questo servizio sono esclusivamente quelle che – al momento – risultano all’interno dell’elenco delle aziende partecipanti (dunque, quelle che abbiamo citato poco fa). Questo vuol dire che il monitoraggio avverrà esclusivamente su una piccola parte dell’ecosistema Internet.

Come funziona

Al netto di tutto ciò (che ovviamente fa sorgere delle perplessità sulla copertura che offre questa piattaforma, che però potrebbe essere migliorata coinvolgendo molte più realtà), proviamo a capire come un minore (o un maggiorenne che ha visto un proprio contenuto intimo o sessualmente esplicito di quando era minorenne pubblicato online) può utilizzare questo servizio. Una volta collegatosi al sito di Take it Down, l’utente (di tutto il mondo e non solo statunitense), dovrà cliccare sul pulsante “Get Started” per essere rimandato a questa pagina.

Se si è maggiorenni si viene rimandati al portale StopNCII, una piattaforma analoga che si occupa di casi di revenge porn e sextortion (per gli over 18). Altrimenti il menù chiede la specifica della richiesta di controllo: «

Lì occorre scegliere tra “Sì”, “No” oppure “Non so”. In caso di risposta negativa, non si può procedere con la segnalazione. Rispondendo positivamente (o non sapendo), si giunge a una nuova domanda: «Qualche tua immagine o video intimo è già stato diffuso online?». Anche qui le opzioni di risposta sono le stesse del punto precedente e, a prescindere, si verrà rimandati al secondo step in cui è possibile selezionare dal proprio dispositivo una o più immagini o video (fino a un massimo di 10, con questi formati supportati: jpeg, jpg, png, gif, psd, tiff, xcf, tga, miff, ico, dcm, xpm, pcx, bmp, mp4, mov, avi, qt e wmv).

Attenzione: selezionare e non caricare. Perché il principio non è quello dell’invio di immagini o video, ma di creazione di un codice hash singolo per ogni contenuto. Senza, dunque, pubblicare nulla da nessuna parte. E, una volta selezionata almeno una immagine o filmato, ecco che il codice hash si genera in automatico e verrà utilizzato dai portali delle aziende che partecipano a questo progetto per verificare la presenza di quella foto o video sulle proprie piattaforme.

Dopodiché si arriva all’ultimo step, quello dell’invio della segnalazione. Si apre, infatti, una pagina in cui è possibile rivedere il tutto per poi procedere con l’hashing. E lì occorre – oltre al captcha di verifica “I’m not a robot” – spuntare la casella con un’autodichiarazione standard, ma necessaria.

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