Il mondo di Substack è davvero fantastico come sembra?

Sempre più persone, anche giornalisti, lo utilizzano. Scopriamo i suoi vizi, le sue virtù e le potenzialità

26/10/2024 di Redazione Giornalettismo

C’era un tempo in cui le newsletter erano fogli lasciati nella buca delle lettere. Oggi, con il mondo digitale, tutto è cambiato. Se è vero che la maggior parte delle aziende utilizzano questo strumento a scopi commerciali – con informazioni sulle offerte e sui nuovi prodotti -, da qualche anno a questa parte anche gli organi di informazione hanno capito e sfruttato le potenzialità di uno strumento in grado di certificare il rapporto di fidelizzazione con l’utente/lettore. Parte del merito va dato a realtà come Substack che – tra le tante cose – permettono anche di avere un ritorno economico in base al coinvolgimento dei lettori che decidono di premiare un progetto attraverso la sottoscrizione di un abbonamento.

Substack è un mondo veramente così fantastico?

Negli ultimi anni, la platea di scrittori e utenti sulla piattaforme è cresciuta esponenzialmente. I dati più recenti parlano di quasi 50 milioni di utenti unici attivi (mensilmente) e di moltissimi abbonati ai diversi Substack che sono “alimentati” dai contenuti generati dagli autori. E anche molti giornalisti – o comunque chi orbita nel mondo dell’informazione – hanno scelto questa strada, anche spinti da un modello tipicamente americano basato sul “patronage model”: l’utente, di fatto, decide di finanziare un canale – e l’autore – sotto forma di sostegno economico diretto basato sui contenuti. Ma si tratta di un diretto concorrente dei giornali?

Per il momento possiamo dire di no, ma in futuro potrebbe diventarlo. L’originalità e la verticalità degli approfondimenti rendono i prodotti e i contenuti molto appetibili e – soprattutto – la completa assenza di pubblicità restituisce un modello potenzialmente più appetibile. Chi guadagna, infatti, non lo fa attraverso le visualizzazione le revenue pubblicitarie, ma solo basandosi sugli abbonamenti. E se si vuole spingere qualcuno a pagare per leggere, occorre offrire storie e narrazioni di livello.

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