La seconda vita delle newsletter
Da fenomeno di nicchia, spesso relativo a contenuti di tipo commerciale, ora si è trasformato in uno status symbol anche per molti protagonisti del settore dell'informazione
23/10/2024 di Enzo Boldi
Oramai ognuno ha la sua. Un tempo erano stampate, infilate nella buca delle lettere o lasciate sui tavolini di bar, parrucchieri e altre attività commerciali. Da anni, invece, tutto è diventato digitale: sia per quel che riguarda gli strumenti per la realizzazione, sia per quel che concerne le modalità di invio e ricezione. Con il passare degli anni, il fenomeno delle newsletter è passato dall’essere un elemento tipico della comunicazione commerciale al diventare un nuovo punto focale della comunicazione generalista. Anche quella legata all’approfondimento giornalistico.
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Una soluzione che ricopre molteplici vesti. Ci sono aziende che le utilizzano come strumento per mantenere un canale comunicativo – monodirezionale – con i propri clienti (basti pensare a quei portali di e-commerce che spingono gli utenti a iscriversi alla loro newsletter per rimanere aggiornati sui prodotti e sulle offerte, spesso con annesso codice sconto da utilizzare al primo acquisto sul sito) e altre che le usano a mo’ di appuntamento cadenzato nel tempo per mostrare ai lettori – come nel caso di Sprint, quella realizzata mensilmente da Giornalettismo – i contenuti principali. Gli highlights degli approfondimenti realizzati.
Newsletter, cambiano strumenti e metodologie
Ce ne sono tante. Di ogni tipo. Ma negli ultimi anni, grazie alla nascita e alla crescita di piattaforme come Substack, Ghost e altre similari, questa dinamica si è spostata da un ambito meramente commerciale a uno molto più informativo. Per fare un esempio? Il giornalismo. Moltissimi esponenti del mondo dell’informazione italiana hanno, infatti, deciso di aprire il proprio “blog/newsletter” su Substack. All’interno vengono pubblicati articoli e approfondimenti consultabili – il più delle volte – previo pagamento di un abbonamento.
Contenuti che, di fatto, rientrano all’interno dell’ormai vastissimo ecosistema delle newsletter. Perché gli iscritti a ogni singolo “canale” ricevono via mail una comunicazione ogni qualvolta l’autore “seguito” pubblica un nuovo contenuto. E anche in Italia, al netto di coloro i quali hanno avviato i loro progetti sulla piattaforma, questo fenomeno sta diventando sempre più importante. È sempre più elevato il numero di giornalisti e operatori del settore media che hanno deciso di condividere con gli utenti i propri contenuti su Substack. Anche perché, questo occorre sottolinearlo, si tratta di una forma di guadagno alternativo: non basato sulle visualizzazioni di ogni singolo contenuto, ma sugli abbonamenti. Dunque, si punta tutto sulla fidelizzazione dell’utente.
Ed ecco che strumenti come questo hanno dato una seconda vita al concetto di newsletter. Un tempo mero strumento di comunicazione commerciale, oggi elemento a corredo – o sostitutivo? – dell’ormai superato (a causa dei social) concetto di informazione giornalistica. Ma i due mondi possono coesistere o sono destinati a diventare alternativi?