Dagli stadi inglesi ci invitano a dire no al razzismo

Moise Kean è diventato patrimonio del calcio inglese questa estate, quando si è trasferito dalla Juventus all’Everton. Il ragazzo italiano, attaccante anche della nazionale, è stato preso di mira per il colore della sua pelle. Tutti ricordano i brutti buu razzisti che gli sono stati rivolti a Cagliari. Un episodio che quest’anno si è ripetuto anche conRomelu Lukaku, attaccante dell’Inter, nello stesso stadio e sotto la stessa curva. Per questo, dall’Inghilterra, con uno striscione Kean, i tifosi dell’Everton hanno voluto lanciare un messaggio all’Italia.

LEGGI ANCHE > Lele Adani contro gli ululati razzisti a Moise Kean: «Abbiamo fatto l’ennesima figura di merda»

Striscione Kean per dire no al razzismo in Italia

«No al razzismo» – si legge sullo striscione in italiano. Un messaggio chiaro, come a dire ‘ve lo scriviamo anche nella vostra lingua affinché possiate capirlo meglio’. Dalla Premier League arriva un segnale al nostro campionato che deve obbligatoriamente farci riflettere e che deve invitarci a trovare una rapida soluzione. In primo luogo, la riflessione: il fatto che i tifosi inglesi si siano rivolti direttamente a quelli italiani fa capire quanta eco mediatica abbia il problema del razzismo negli stadi italiani. Un problema che ha superato abbondantemente i confini nazionali e il canale della manica.

Lo striscione Kean esposto dalla curva dell’Everton

In secondo luogo, non possiamo essere considerati da tutti come il campionato più arretrato da questo punto di vista. Nel corso di un Arsenal-Napoli, un tifoso che aveva scritto sui social degli insulti razzisti nei confronti di Kalidou Koulibaly è stato identificato e la società gli ha impedito di partecipare alle partite dei Gunners come spettatore allo stadio. Misure che sono distanti anni luce da quello che invece si sta facendo in Italia, dove il razzismo è punito soltanto a corrente alternata (si veda il caso di Pjanic, punito con la squalifica della curva del Brescia, e i casi di Lukaku e Dalbert rimasti senza alcuna sanzione) e dove non c’è un vero e proprio sistema per contrastare la violenza verbale delle curve.

Lezioni da tutti. Anche dai tifosi inglesi. Speriamo che possa servire da sveglia.

Share this article
TAGS