«I 3,8 milioni di risarcimento di Facebook non sono una vittoria alla lotteria»

L'invito alle start-up a non demordere e a far prevalere la capacità di impresa su tutte le difficoltà

14/01/2021 di Gianmichele Laino

Viaggio nella contesa Business Competence contro Facebook: tutta la storia dell’applicazione della start up italiana che è stata pedissequamente ripresa dal social network di Mark Zuckerberg. Ora, la Corte d’Appello di Milano ha deciso per un risarcimento da 3,8 milioni di euro alla start up italiana. Il nostro speciale – in tre puntate – raccoglie le voci del CEO della società, Sara Colnago, e dello studio legale che l’ha assistita in una vicenda giudiziaria che va avanti dal 2012. 

La sensazione è che un caffè tra Sara Colnago e Mark Zuckerberg non sarebbe un’occasione propriamente conviviale. Il CEO di Business Competence – azienda che aveva progettato l’app Faround che, successivamente, aveva rappresentato per Facebook il modello su cui sviluppare la sua Nearby – avrebbe tutta l’intenzione di mettere sul tavolo le responsabilità che derivano dal ruolo di fondatore del più grande e pervasivo social media della storia: «Facebook è una sorta di Stato vero e proprio. Probabilmente, durante un ipotetico caffè con Mark Zuckerberg, mi piacerebbe ricordargli che è uno strumento di comunicazione rivoluzionario, un po’ come lo è stato l’avvento della televisione. Questa è una responsabilità. Così come è una responsabilità quella di essere attenti agli imprenditori che utilizzano Facebook per fare innovazione».

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Start-up italiane e Facebook, quale futuro?

La vicenda Business Competence contro Facebook, che ha portato alla sentenza d’Appello e alla conseguente richiesta di un risarcimento danni da 3,8 milioni di euro (la decisione del tribunale può ancora essere impugnata dalla società di Menlo Park davanti alla Cassazione) deve essere un esempio per tutto il mondo delle piccole e medie imprese del digitale in Italia. Certifica che la creatività e il pragmatismo con cui si mettono a terra alcune idee possono, alla lunga, prevalere anche sullo strapotere economico degli OTT. Basta avere perseveranza.

«I tempi della giustizia – ricorda Sara Colnago – sono molto più lenti rispetto alla velocità delle dinamiche della tecnologia. A noi sulle tempistiche poteva persino andare peggio. La cosa che mi consola è che, pur ammettendo la completa buona fede di Facebook, abbiamo avuto la stessa idea, nello stesso momento di una multinazionale con una forza di realizzazione superiore rispetto a quella della nostra start-up».

Chiunque, dopo una esperienza del genere, farebbe mancare la propria fiducia nei confronti di aziende che, nelle intenzioni, rispondono anche a importanti principi etici ma che poi, nei fatti, restano sempre un passo indietro rispetto alle loro dichiarazioni. E invece, anche su questo, Sara Colnago ci spiazza: «Non posso dire che sia venuta meno la fiducia nella collaborazione tra le piccole imprese e gli over the top del digital – sottolinea ai microfoni di Giornalettismo -. Se dovessi arrivare a pensare una cosa del genere, probabilmente cambierei mestiere. La storia di Business Competence contro Facebook ci insegna semplicemente che bisogna insistere ad andare avanti quando si è sicuri di avere ragione. Sicuramente bisogna tutelarsi su quelle che sono varie circostanze o criticità: il bello della tecnologia è che le idee possono arrivare a tutti, la differenza è avere la capacità imprenditoriale per metterla a terra».

E il messaggio deve essere chiaro: non si può pensare che un risarcimento danni sia un dono calato dall’alto. Bisogna sempre inserire quella cifra in una logica di produttività. «Essere arrivati a questa sentenza d’appello che prevede un risarcimento di 3,8 milioni di euro – conclude – non è come aver vinto la lotteria. Questo importo verrà investito in progetti che hanno bisogno di una maggiore struttura economica e in formazione interna all’azienda per permettere alle nostre risorse di guardarsi intorno in maniera ancora più innovativa. Ma il messaggio di speranza non è legato ai soldi: il messaggio di speranza è legato al fatto che questo tipo di avventura, come start-up, è iniziata nel 2012 e, nonostante gli ostacoli, gli investimenti su un progetto che non ha portato alcun frutto, siamo riusciti ad andare avanti e a guardare verso l’innovazione. Le grandi idee, quelle vincenti, non si fanno necessariamente con i grandi budget».

Ora, Business Competence si prepara all’ultimo atto. Possibile che la decisione della Corte d’Appello verrà impugnata in Cassazione. E il team legale dell’azienda lombarda ci sarà anche in quel caso a difendere le proprie ragioni. La strada è lunga, ma nel frattempo non ci si è arresi. Non basta essere solo grandi per imporsi sul mercato. Bisogna avere le idee giuste.

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