Il CEO di Spotify dice che Joe Rogan è offensivo, ma senza le sue esclusive la piattaforma non sarebbe la stessa

Il tema è che Daniel Ek pensa che Spotify sia una cosa diversa da una piattaforma di musica in streaming

03/02/2022 di Redazione

C’è un tema. Se Spotify non ha battuto ciglio nel momento in cui Neil Young ha chiesto la rimozione della sua musica sulla piattaforma, vista la compresenza con il podcast di Joe Rogan (che, a suo modo di vedere, contiene molta disinformazione sui vaccini e sul coronavirus in generale), a maggior ragione non muoverà un dito alla notizia della decisione di David Crosby, Stephen Stills e Graham Nash di fare la stessa cosa. Ma cosa succederà quando diversi altri artisti prenderanno la stessa strada? Spotify tornerà sui suoi passi o continuerà per la sua strada? C’è un grande tema: gli artisti affermati (ovvio, il discorso non è lo stesso per gli emergenti) non sembrano avere grandi vantaggi dalla diffusione della loro musica su Spotify. Ma allo stesso modo, Spotify ha deciso di fare un mestiere diverso rispetto a quello della piattaforma che propone soltanto canzoni e musica. E i podcast in esclusiva sono un tassello verso questa strategia.

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Spotify e il podcast esclusivo come modello di business

La sensazione emerge in maniera evidente da un pezzo di The Verge che ha avuto modo di ascoltare la registrazione di una riunione interna a Spotify, nel corso della quale è intervenuto il CEO Daniel Ek. Quest’ultimo ha dichiarato di essere spesso in disaccordo con i contenuti proposti da Joe Rogan nel corso del suo podcast, ma – allo stesso tempo – di non poter svolgere un lavoro editoriale sulle sue scelte. Il contratto di esclusiva va onorato, secondo il board di Spotify, ed è impossibile fare a meno di partner fondamentali come Joe Rogan, seguitissimo, ascoltatissimo, con gli utenti della piattaforma che cercavano i suoi show su Spotify prima ancora che ci fosse un accordo tra le due realtà.

Dunque, turarsi il naso e proseguire andando avanti nei piani di Spotify. Che sono quelli di differenziarsi da piattaforme come Apple Music, Amazon, persino Tesla (che si stavano orientando a diventare leader nel settore) che si limitavano a essere esclusivamente degli strumenti di diffusione dei contenuti. Spotify, invece, con gli accordi di esclusiva per i podcast punta a essere anche un produttore di contenuti originali, salvo – poi – non avere il controllo su questi ultimi, se non successivamente alla loro pubblicazione. Soltanto in quel momento, infatti, in base agli accordi, Spotify può intervenire per rimuovere contenuti non in linea con le sue policies.

Daniel Ek sembra comunque voler tenere il piede in due scarpe: proseguire con l’obiettivo di Spotify (che è quello di raggiungere il miliardo di utenti) e, allo stesso tempo, riuscire a imporre la propria visione alle voci più rumorose (come quella di Joe Rogan) per far sì che non ci siano altri casi come quello di Neil Young. Ma le acque, al momento, sono agitatissime.

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