La Consulta boccia la retroattività della legge ‘Spazzacorrotti’
12/02/2020 di Enzo Boldi
Un brusco stop per una delle misure simbolo del Movimento 5 Stelle e del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. La cosiddetta Spazzacorrotti, infatti, è stata parzialmente bocciata dalla Consulta. L’illegittimità costituzionale è stata evidenziata nei passaggi che prevedono la retroattività della legge numero 3 del 9 gennaio 2019. Proprio questo aspetto, secondo i giudici, non sono in linea con i principi della Carta fondamentale perché modificano la pena per quei determinati reati e la disciplina per la limitazione della libertà personale degli indagati e dei giudicati rei.
LEGGI ANCHE > Bonafede e i 5stelle difendono l’emendamento ‘elle’ allo spazzacorrotti: «Non salva i leghisti, è innocuo»
«La Corte costituzionale ha preso atto che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale – si legge nel comunicato stampa diffuso dalla Corte Costituzionale -, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate retroattivamente, e che questo principio è stato sinora seguito dalla giurisprudenza anche con riferimento alla legge n.3 del 2019». Le motivazioni integrali di questo pronunciamento saranno diffuse il prossimo mese.
La Consulta boccia una parte della Spazzacorrotti
La nota diffusa dall’ufficio stampa della Consulta, prosegue entrando nel merito del giudizio, citando i punti critici ritenuti incostituzionali e illegittimi: «La Corte ha dichiarato che questa interpretazione è costituzionalmente illegittima con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna».
La retroattività della pena è incostituzionale
Nello specifico, infatti, «secondo la Corte, infatti, l’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione». L’articolo citato recita: «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».
(foto di copertina: da video Montecitorio + comunicato stampa Corte Costituzionale)