Quali sono i criteri per determinare l’equo compenso per gli editori?
Si tratta di parametri indicati da Agcom in relazione a quanto deciso per il caso Gedi-Microsoft
26/07/2024 di Enzo Boldi
Un provvedimento già diventato storia e che aprirà le porte all’intervento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in caso di mancato accordo tra le singole realtà editoriali (o i gruppi di cui fanno parte) e le aziende che gestiscono, curano e sviluppano le piattaforme su cui gli articoli a carattere giornalistico vengono condivisi. Dunque, il provvedimento che riguarda il Gruppo Gedi (che edita, tra le tante, i quotidiani La Repubblica e La Stampa) e Microsoft (azienda proprietaria del motore di ricerca Bing, individuata come “prestatore di servizi) ha e avrà un riflesso concreto per quel che riguarda i criteri per la parametrazione dell’equo compenso per gli editori.
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Nel suo provvedimento relativo al caso Gedi-Microsoft, Agcom ha spiegato che – seguendo lo schema del Regolamento sull’equo compenso, con particolare riferimento all’articolo 4, comma 3 – è stato quantificato (ma senza fornire le cifre) quanto l’azienda Big Tech dovrà versare nelle casse del Gruppo editoriale:
«L’equo compenso dovuto agli editori è calcolato sulla base dei ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore».
Dunque, parliamo della differenza tra le revenue pubblicitarie derivanti dal numero di visualizzazioni di un contenuto a carattere giornalistico condiviso – in questo caso – sul motore di ricerca Bing al netto delle revenue pubblicitarie dell’azienda Big Tech di riferimento proprietaria della piattaforma fornitrice di servizi. Ma c’è anche un altro dato molto importante:
«A tale base di calcolo si applica un’aliquota fino al 70% determinata sulla base dei criteri di cui al comma 3 dell’articolo 4 del Regolamento. Nel determinare la base di calcolo, l’Autorità ha tenuto conto dei meccanismi di funzionamento dei servizi del prestatore e del relativo modello di business, considerando nel dettaglio i meccanismi di funzionamento del motore di ricerca Bing».
Dunque, il calcolo non è universale. Questo modello non si applica indiscriminatamente a tutti i fornitori di servizi, ma si basa sul caso specifico di Bing. Sta di fatto che, al netto della percentuale di aliquota, l’impronta del provvedimento dovrebbe avere dei riflessi concreti anche in tutte le altre “dispute” sull’equo compenso per gli editori.
Criteri equo compenso editori, quali sono
Dunque, abbiamo parlato di revenue pubblicitarie (derivanti dalla “vetrina” e dalle visualizzazioni) e di aliquota. Ma quali sono i reali criteri equo compenso editori? La stessa Agcom li ha rivelati:
- numero di consultazioni online delle pubblicazioni (da calcolare con le pertinenti metriche di riferimento);
- rilevanza dell’editore sul mercato (audience on line);
- numero di giornalisti, inquadrati ai sensi di contratti collettivi nazionali di categoria;
- costi comprovati sostenuti dall’editore per investimenti tecnologici e infrastrutturali destinati alla realizzazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;
- costi comprovati sostenuti dal prestatore per investimenti tecnologici e infrastrutturali dedicati esclusivamente alla riproduzione e comunicazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;
- adesione e conformità, dell’editore e del prestatore, a codici di autoregolamentazione (ivi inclusi i codici deontologici dei giornalisti) e a standard internazionali in materia di qualità dell’informazione e di fact-checking;
- anni di attività dell’editore in relazione alla storicità della testata.
Sette criteri che vengono applicati per il calcolo dell’equo compenso. Occorre ricordare, però, l’istanza per richiedere un provvedimento da parte di Agcom può essere inviata dopo aver avviato una contrattazione “singola” la controparte (azienda prestatrice di servizi informatici). Dunque, qualora la trattativa privata tra editore e Big Tech non dovesse andare in porto, ci si potrà rivolgere all’Autorità