Chiara Ferragni su Willy, parla l’autrice del post su Spaghettipolitics: «Offese a lei e a Fedez, ma concentriamoci sul messaggio»
L'intervista all'autrice del post su Willy condiviso da Chiara Ferragni che ha avuto tanta risonanza
11/09/2020 di Ilaria Roncone
Michela Grasso ha 21 anni, è di Gallarate (Varese) e studia Scienze politiche all’università di Amsterdam. Questa giovanissima ragazza ha creato un account Instagram di cui si è molto sentito parlare in questi giorni, Spaghettipolitics. Chiara Ferragni ha ricondiviso un post sull’omicidio di Willy scritto da Michela. L’abbiamo raggiunta telefonicamente per farle qualche domanda in merito alla questione e ragionare sulle associazioni fatte dalla stampa – l’articolo de Il Tempo titolato “Signora Ferragni, l’assassino di Willy non era fan di Benito. Ma di Fedez, suo marito” – e da alcuni esponenti politici – il dirigente di Fratelli D’Italia Francesco Di Giuseppe – secondo cui la Ferragni dovrebbe guardare all’aspetto di suo marito Fedez e al fatto che gli indagati nella vicenda siano fan suoi e non del Duce.
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Spaghettipolitics: «Per quel post ho ricevuto una marea di insulti»
Nel video in cui hai spiegato chi sei e cosa fai con Spaghettipolitics hai detto di aver dovuto chiudere i commenti perché non riesce a starci dietro, che erano frasi non costruttive e insulti. Che cosa ti è stato detto e da chi?
«Erano vari. Magari dicevano “non sei capace di fare niente, non parlare”, “la tua opinione mi fa schifo”. Questo genere di cose insomma, non sono insulti così pesanti ma non voglio stare dietro a leggerli. Sono anche offese tra persone nei commenti, magari uno scrive qualcosa e quello sotto risponde in una maniera aggressiva. Non voglio dare vita a questo genere di interazione sulla mia pagina, quindi preferisco ignorarli o li cancello quando appaiono e, in generale, cerco di controllarli e limitarli il più possibile. Diventa una questione di sanità mentale».
Chiara Ferragni ha condiviso il tuo post e la tua visione sulla vicenda di Willy. È stata una cosa casuale oppure vi conoscete?
«No, non la conosco. Non avevo nemmeno idea che l’avesse condiviso, me lo hanno detto altre persone quando è successo. Non me lo sarei mai aspettato. Dopo essermene accorta le ho scritto per ringraziarla e lei mi ha risposto “figurati, concordo con te”. Così mi ha scritto, giusto questo».
«Invece di concentrarsi sul messaggio ci si concentra su chi l’ha condiviso»
In Italia si è detto che gli aggressori di Willy non hanno legami rilevanti con la destra o l’attivismo politico e in tanti – tramite la condivisione della Ferragni – hanno letto il tuo punto di vista. Partendo da qui c’è anche chi ha associato Fedez al fascismo per il suo aspetto, banalizzando la questione.
«Si, l’ho sentita questa cosa ed è assurdo. Secondo me il problema di fondo è che i giornalisti sono più concentrati sul fatto che la Ferragni abbia condiviso il messaggio piuttosto che sul messaggio stesso, alla fine. Ci sono tanti giornali che hanno semplicemente scritto “guardate Chiara Ferragni che brava, ha scritto questo post, lo ha condiviso” però è il messaggio che è importante, non chi ne parla. Forse questo è il primo step per evitare una banalizzazione, perché poi si passa da “guarda con chi sta la Ferragni” a “chi è tatuato come loro è fascista” quando nessuno ha detto che i tatuaggi ti rendono fascista o il praticare certi sport ti rende fascista. Più che una banalizzazione credo ci sia una tendenza a voler cercare il minimo, l’errore, cose un po’ stupide a cui aggrapparsi così da sminuire un intero discorso. Un discorso è così importante ma tu ti aggrappi a un minimo e lo sminuisci interamente».
«Dell’ideologia fascista in Italia si parla poco»
«Il fascismo e ciò che comporta l’ideologia fascista è qualcosa di cui non si parla abbastanza in Italia. Secondo me alcuni giornali italiani hanno un po’ paura a dire la parola fascismo, preferiscono dire estrema destra – che va bene, perché esistono anche tanti altri movimenti – però anche il fatto che ci si concentri così tanto sul loro sport, sui loro tatuaggi, sul loro aspetto poi fa pensare che solo le persone che sono così possano essere fasciste e violente, quando in realtà chiunque di noi lo potrebbe essere. Forse si fa un po’ fatica a parlarne, in Italia almeno. Si passa dal parlarne troppo, tipo alcuni esponenti politici o alcuni giornali, o non se ne parla mai».