53 anni dopo Togliattigrad, anche il sindaco leghista di Sassuolo vuol mandare i lavoratori in Russia

Sarà il fascino che Putin esercita verso i sovranisti nostrani, ma la proposta del sindaco leghista di Sassuolo, Francesco Menani, di trasferire alcuni lavoratori in Russia ha suscitato un gran clamore nei sindacati che non si aspettavano di vedersi proposta una tale soluzione.

L’azienda del settore ceramico “Martinelli Ettore Srl” di Sassuolo ha infatti dichiarato fallimento il 30 luglio lasciando senza occupazione 54 dipendenti. Secondo la Fiom-Cgil – che ha ricostruito la vicenda – nel vertice d’urgenza convocato con Regione, Provincia, sindacati e proprietà – il primo cittadino Francesco Menani: «Sarebbe solo stato in grado di chiedere alla proprietà di valutare la ricollocazione dei lavoratori presso una società del gruppo situata in Russia».

La proposta del leghista sindaco Sassuolo:«Ricollacate i lavoratori in Russia»

Cesare Pizzolla, segretario generale della Fiom modenese, ha così commentato alla Gazzetta di Modena la situazione attuale: «Ci vuole coraggio a dire a lavoratori che da una vita prendono 1.200-1.500 euro al mese, e fanno fatica ad arrivare con la famiglia a fine mese, che si potrebbero trasferire in Russia». Una critica che non è piaciuta al primo cittadino che, sulle pagine del giornale che ha sollevato il caso, ha così risposto: «Ho detto che si poteva cercare, come soluzione estrema, di chiedere ai dipendenti disoccupati se qualcuno voleva andare a lavorare in Russia. Che c’è di male? Non c’era nulla di provocatorio, di polemico. I sindacati e tutti noi dobbiamo prendere atto che il mercato del lavoro è cambiato. E anche lavorare in Russia, in tempi in cui occorre portare a casa la pagnotta, può essere una soluzione temporanea». «Ad inizio 2014 – continua il primo cittadino – quando l’azienda in cui lavoravo fallì, ero pronto a fare le valige e trasferirmi in Tennessee pur di permettere a me ed alla mia famiglia una vita dignitosa: è giusto che anche i dipendenti di Martinelli Ettore abbiano la possibilità di scegliere».

Se anche gli italiani diventano migranti economici

Una diatriba, quella sulla “spedizione” di migranti economici verso la Russia, che non solo rischia di diventare un boomerang politico vista la campagna durissima della Lega verso i migranti che raggiungono le nostre coste in cerca di una migliore soluzione lavorativa (esattamente come i licenziati italiani che troverebbero lavoro in Russia), ma che ha anche sollevato non poche ironie sul recente innamoramento della Lega per la Russia che non sembra temere confronti con i ferrei rapporti diplomatici (e non solo) fra l’URSS e il segretario del PCI di allora, Palmiro Togliatti.

Quando la Fiat costruiva automobili in Russia con operai italiani

Nonostante non si possa certo accusare la Lega di avere simpatie verso intellighènzia comunista della prima Repubblica, è difficile non trovare però un parallelo con la costruzione nella città di Togliatti in Russia, della fabbrica KMZ che, con la collaborazione di operai e quadri italiani, iniziò nel 1970 la produzione di automobili che riprendevano soluzioni tecniche e ingegneristiche della Fiat di Torino. La città, rinominata nel 1964 Togliatti dopo il decesso del segretario del PCI di allora, diventò così il baricentro dell’economia sovietica. Era infatti il 15 agosto del 1966 quando a Mosca il presidente uscente della Fiat Vittorio Valletta e i ministri dell’industria e del commercio estero sovietici firmarono gli accordi per il “progetto Togliatti“, la realizzazione cioè dell’enorme struttura industriale che, partendo dalla base della Fiat 124, iniziò quattro anni più tardi la costruzione della Lada 2101, rinominata Žiguli, dal nome delle alture che circondano la città.

Certo, la situazione politica ed economica è profondamente diversa da quella di 53 anni fa: allora l’industria italiana esportava conoscenze ingegneristiche e manageriali all’Unione Sovietica mentre oggi la politica locale propone di esportare lavoratori disoccupati a industrie più fiorenti delle nostre. Un cambio di prospettiva che non sembra far onore al governo del cambiamento.

(Immagine di copertina: l’allora amministratore delegato della Fiat, Cesare Romiti (a destra), e il ministro sovietico dell’Industria automobilistica, Nikolai Pugin, durante lo scambio del protocollo d’intesa per la costruzione in Unione Sovietica di una nuova vettura Fiat-Elaz, nel dicembre 1989. ARCHIVIO / ANSA / PAL)

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