In Italia i bambini che non usano device per leggere ottengono punteggi migliori, ma negli altri Paesi?

Letto nella sua interezza, il rapporto PIRLS2021 fornisce una serie di dati sulle abilità di lettura che stimolano riflessioni

17/05/2023 di Redazione Giornalettismo

Il rapporto nazionale “PIRLS 2021: la comprensione della lettura in quarta primaria” analizza, in 177 pagine, la capacità di lettura degli studenti in quarta elementare ponendo il focus – a partire dai risultati ottenuti – tanto su caratteristiche e contesto familiare degli studenti quanto su caratteristiche delle scuole in relazione a questi risultati. All’inizio del rapporto, tra gli altri dati sull’uso della tecnologia a scuola, emerge una particolare attenzione allo «stare al passo con i progressi della tecnologia e della metodologia della misurazione» e per «rilevare dati che tengano opportunamente conto di come la natura della literacy in lettura evolve nell’era del digitale». I Paesi che hanno partecipato alla rilevazione sono, in tutto, cinquantasei.

L’obiettivo di questa misurazione PIRLS 2021 (indagine che, dal 2001 a questa parte, si è svolta ogni cinque anni) è quantificare il livello di comprensione del testo e di abilità nella lettura a nove anni (in quarta elementare se parliamo del sistema scolastico italiano, appunto). Da quest’ultimo rapporto emergono informazioni importanti – oltre a quella sugli studenti che non usano dispositivi digitali per leggere che ottengono risultati migliori – rispetto al ruolo del digitale quando si parla di lettura tra gli studenti italiani.

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Quanto conta l’uso della tecnologia a scuola in ambito lettura?

Parlando della media internazionale, oltre la metà degli studenti (parliamo del 52%) a nove anni si avvale dell’utilizzo di dispositivi digitali «per trovare e leggere informazioni» dedicando “30 minuti o meno al giorno di scuola” a questa attività. Il punteggio medio ottenuto da questi studenti nella lettura è di 512. Gli studenti che trascorrono “più di 30 minuti al giorno” sui device hanno ottenuto un punteggio inferiore, pari a 502. Quest’ultimo dato è attribuibile, in via teorica, a diversi fattori tra cui lavori di esercitazioni extra, il semplice fatto che fossero più lenti a leggere o un tempo maggiore passato a distrarsi (probabilmente per gli input e le notifiche derivanti dal dispositivo stesso). Gli studenti che non utilizzano nessun tipo di device, invece, hanno ottenuto – a livello internazionale – i risultati medi peggiori: 486 punti.

I dati che hanno dato vita alla notizia comparsa su vari giornali nella giornata di ieri, invece, riguardano in particolar modo il caso italiano. Nel nostro paese l’andamento di rivela differente: gli studenti che non utilizzano dispositivi digitali ottengono il punteggio migliore (548), quello che li utilizzano per 30 minuti o meno tempo si fermano a 531 punti di media e chi li utilizza per più di 30 minuto ha il punteggio più basso: 523. Secondo gli autori dello studio, questa differenza sostanziale del dato andrebbe attribuita al «fatto che in Italia i dispositivi digitali sono utilizzati principalmente come misure compensative, per studenti con difficoltà di apprendimento».

Appare evidente, visti questi diversi risultati a parità di condizioni, che ci sono molti altri fattori da tenere in considerazione in questo tipo di valutazione.

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