Il rider dei «2mila euro al mese» non ha chiuso uno studio da commercialista

E non si chiamava Emiliano Zappalà, ma Emanuele Zappalà

18/01/2021 di Redazione

Non ha mai chiuso uno studio da commercialista per fare il rider. Anzi non ne ha mai aperto uno, dal momento che era stato solo tirocinante in uno studio di commercialisti, come addetto alle buste paga. Inoltre, non si chiamava Emiliano Zappalà, ma Emanuele Zappalà. Non aveva 35 anni, ma 37. Eppure, la sua storia era finita prima in un’intervista del Messaggero – poi rimossa dal web -, infine in un commento su La Stampa, firmato da Antonella Boralevi. Si sottolineava, in maniera encomiabile, la sua vicenda, sottolineando come il rider riuscisse a guadagnare 2mila (ma anche fino a 4mila) euro al mese. E come fosse felice di questo.

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Rider commercialista, la vera storia

Una storia che aveva sollevato non poche indignazioni, soprattutto nel mondo dei rider, spesso bistrattati, spesso vittime di salari da fame, spesso non coperti da assicurazioni efficaci. Tanto da far venire il dubbio che ci fosse una montatura dietro. Più di una inesattezza, in effetti, è stata commessa sia nell’intervista originaria del Messaggero, sia nel commento ripreso da La Stampa qualche giorno fa. Ma, ormai, la storia si era diffusa in maniera molto virale sul web.

Questa sera, tuttavia, Anna Masera – garante dei lettori e degli utenti web de La Stampa – ha ritenuto doveroso fare alcune precisazioni e la rubrica della Boralevi è stata corretta come segue:

Questo articolo è stato corretto a partire dal nome di Zappalà, che è Emanuele non Emiliano, e l’età, 37 non 35 anni. Secondo studi e statistiche recentissime i rider guadagnano mediamente 839 euro mensili, circa 7,50 euro lordi l’ora. Inoltre Zappalà nell’intervista rilasciata a un altro quotidiano parla del suo precedente lavoro, puntualizzando che non è stato commercialista ma tirocinante con uno studio per la consulenza buste paga, e spiega che i suoi cento chilometri al giorno non li fa in bici. 

Nel corso del pomeriggio, diversi articoli di debunking – da The Submarine, fino a Open con David Puente – avevano espresso perplessità e mostrato dubbi in merito alla vicenda raccontata sul quotidiano torinese. Le correzioni riportate da La Stampa certificano che, evidentemente, più di qualcosa non era stata riportata in maniera esatta. Per contestualizzare ancora meglio l’articolo, inoltre – come riportato da The Submarine – alcuni attivisti nell’ambito delle rivendicazioni dei rider come Angelo Junior Avelli (Deliverance Milano) sottolineano che Zappalà sia parte di un sindacato – chiamato Anar – particolarmente vicino all’azienda Glovo. In ogni caso, lo stesso Zappalà si è detto pronto a fornire tutte le prove relative alle cifre guadagnate con il suo lavoro di consegna.

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