Che fine ha fatto il portale della raccolta firme a sostegno dei referendum?

La piattaforma è online da oltre un anno, ma sulla homepage compare ancora un avviso: «È in fase di test». A maggio, il Ministro Nordio ha detto che ci sarebbero voluti altri 12 mesi (nonostante ci sia una legge approvata quasi tre anni fa)

07/12/2023 di Enzo Boldi

Un’illusione che va avanti da oltre un anno. Era il settembre del 2022 quando il Consiglio dei Ministri dell’epoca (guidato da Mario Draghi) firmò il DPCM che disciplinava il funzionamento della piattaforma per la raccolta firme a sostegno dei referendum e le iniziative popolari. Poi, qualche mese dopo, quel portale fu pubblicato online. Ma a distanza di 13 mesi, tutto risulta essere ancora bloccato. Ancora in fase di test. E c’è il rischio che dovranno passare almeno altri 6/7 mesi affinché tutto ciò inizi a funzionare correttamente. Come previsto, tra le altre cose, da una legge approvata nel dicembre del 2020.

LEGGI ANCHE > Il primo test per gli italiani all’estero: il voto sul portale eVote

Tre anni per realizzare il nulla. Tre anni per dare il via libera e pubblicare online una piattaforma ancora inutilizzabile. Ancora oggi, infatti, collegandosi al portale appare questo messaggio.

«Attenzione: la piattaforma è in fase di test. L’accesso al sistema è pertanto non consentito». I cittadini, dunque, non possono accedere. I comitati promotori, dunque, seguono la stessa sorte. Nonostante una legge approvata il 30 dicembre del 2020 ed entrata in vigore due giorni dopo. Nonostante un DPCM che, dopo anni, ha dato il via libera. Nonostante la messa online.

Raccolta firme referendum, che fine ha fatto il portale?

Quindi, a che punto siamo? L’associazione Luca Coscioni e il movimento Eumans hanno deciso, nel maggio scorso, di diffidare il governo. Il motivo è piuttosto semplice: l’esecutivo (ma anche le lentezze dei precedenti) sta violando la legge del 30 dicembre del 2020 (norma nata a seguito della condanna all’Italia da parte del Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite per il caso “Staderini/De Lucia vs Italy”), non mettendo a disposizione dei cittadini quel portale per la raccolta firme referendum. Perché la messa online non è sufficiente, dato che la piattaforma risulta essere ancora inutilizzabile. Ma quanto ci vorrà affinché sia garantito ai cittadini italiani di “riscuotere” quel diritto?

Ancora mesi. Molti mesi. Perché la diffida dell’associazione Luca Coscioni e di Eumans (che nel marzo scorso scesero in piazza proprio per chiedere di rendere utilizzabile questo portale di raccolta firme referendum) è arrivata all’indomani delle dichiarazioni del Ministro della Giustizia (da cui dipende la piattaforma) in seguito all’interrogazione parlamentare di Riccardo Magi. Il capo del dicastero del governo Meloni, infatti, ha spiegato che ci vorranno ulteriori 12 mesi per ultimare la fase di test. Ergo, occorrerà attendere maggio (probabilmente, ma non sicuramente, giugno) per vedere – forse – questo sito correttamente funzionante.

Cosa sta accadendo in questi giorni

E proprio nei giorni in cui andrà in scena la sperimentazione del voto elettronico per (alcuni) italiani all’estero attraverso la piattaforma e-vote – sottolineiamo, ovviamente, come un voto elettorale abbia dei principi ben differenti rispetto a una raccolta firme referendaria -, in Parlamento si è tornati a parlare dell’attivazione di questo portale. In che modo? Rallentando una procedura che dovrebbe – se ci fosse una linearità – essere solamente applicata, visto che la piattaforma è online e ferma da oltre un anno. E, invece, si è tornati a discutere di un nuovo decreto per implementare l’organico della Corte Costituzionale (che valuta la raccolta firme) e per attribuire al Ministero della Giustizia la responsabilità su questo sito (cosa già evidente, al netto di questo dettaglio). Il tutto al fine di rallentare, ancora una volta, questa svolta democratica.

Share this article
TAGS