Ma quale raptus di gelosia: così si crea soltanto un precedente pericoloso
03/03/2019 di Gaia Mellone
Ha fatto scandalo la decisione dei giudici della Corte di assise di appello di Bologna, che hanno dimezzato la pena, già più volte ridotta, all’uomo che ha ucciso la compagna in preda ad un «raptus di gelosia». Il risultato è che l’assassino di Olga Matei era stato condannato all’ergastolo e ora sconterà solo 16 anni. La cosa ancora più preoccupante, è che crea un precedente che ci riporta nel passato.
Pena dimezzata per raptus di gelosia, la neuropsichiatra: «Non esiste»
Partiamo dalle basi: «Non esiste un raptus di gelosia» spiega a Repubblica la neuropsichiatra Anna Maria Nicolò. La dottoressa specifica che bisognerebbe leggere le carte prima di emettere giudizi, ma che sospetta si sia trattato di una «conclusione tratta dal giudice sulla base di giudizi di esperti» perché «escluderei che questa definizione sia stata usata nella perizia». Intervistata da Cristiana Nadotti, Anna Maria Nicolo commenta come «assurda» la decisione: l’uomo considerava la compagna un oggetto, e ritenere che la gelosia possa aver offuscato la volontà dell’assassino è «un passo indietro gravissimo» in un percorso ancora lontano dall’essere completato ma che finalmente vedeva riconosciuto come un reato specifico e la violenza di genere. «La tempesta emotiva cui avrebbe fatto riferimento in giudice è un’aggravante! conclude la dottoressa «Non un motivo per dimezzare la pena».
Pena dimezzata per omicidio in preda alla tempesta emotiva,Lucia Annibali: «Così torniamo al delitto d’onore»
Pubblicamente si è esposta anche Lucia Annibali, che con il suo volto sfregiato è diventata un simbolo di lotta e speranza per tutte quelle donne che sono vittime di relazioni pericolose, tossiche, e inaccettabili – senza se, senza ma e senza raptus. Annibali commenta al telefono con il giornalista Roberto Damiani la terribile sentenza che «ci fa tornare agli anni ’50, al delitto d’onore». La decisione del giudice dimostra che «sul piano culturale siamo di fronte all’idea che la gelosia sia ancora un buon motivo per ottenere comprensione e addirittura benefici processuali» continua la Annibali durante la sua intervista senza nascondere la sua preoccupazione per la deriva a cui questa decisione potrebbe portare: «siamo in marcia verso una meta culturale che a me non sembra per niente tranquillizzante».
(credits immagine di copertina: archivio ANSA)