Produzionidalbasso, ovvero: come sta cambiando il crowdfunding in Italia
Il CEO Angelo Rindone ha spiegato a Giornalettismo le prospettive delle piattaforme di crowdfunding e quello che rappresentano per vasti settori culturali e sociali nel nostro Paese
30/05/2022 di Gianmichele Laino
Nel mondo in cui i progetti si trasformano. E – da virtuali – diventano reali. Le piattaforme di crowdfunding sono un fenomeno sempre più solido e un modo per mandare avanti iniziative sempre più concreto. Una delle stime più recenti sostiene che, in Italia, sono stati 782.713.777 gli euro raccolti fino al 2020, di cui 342.983.441 solo nel corso del 2020. Nel terzo settore è sempre più difficile fare a meno delle raccolte fondi e sono tante le istituzioni che si rivolgono a queste piattaforme per poter finanziare i propri progetti. Non solo. Volti noti dello spettacolo, del giornalismo, della letteratura, della società civile affidano sempre più a un pubblico nuovo le loro idee e i loro sogni. Lo abbiamo visto, ad esempio, nel caso della digitalizzazione dell’archivio personale e inedito di Gianni Minà: su Produzionidalbasso è partita l’iniziativa di crowdfunding per cercare di rendere concreto questo importante progetto.
È stata sicuramente un’occasione per conoscere più da vicino una delle realtà di crowdfunding più importanti in Italia. Il CEO Angelo Rindone ce l’ha raccontata così: «Produzionidalbasso è una piattaforma di raccolte fondi online – ha detto a Giornalettismo -. Nel tempo il concetto di raccolta fondi online si è sviluppato, intorno al 2008, in quello di crowdfunding. Il nostro progetto ha anticipato la definizione di questo principio, partendo nel 2004 con lo scopo di mettere in contatto chi ha un’idea con un pubblico di persone interessato a sostenerla. All’inizio siamo nati come progetto editoriale, nel 2013 siamo diventati una srl benefit e abbiamo iniziato a strutturarci. In questi anni è cambiato molto il crowdfunding con l’evoluzione delle piattaforme e dei social network. Produzionidalbasso è rimasta fedele al principio di permettere in maniera orizzontale a tutti di promuovere qualsiasi progetto e di permettere a una comunità di persone di interagire con quei progetti attraverso commenti, condivisione e sostegno economico. Tutto questo non è mai cambiato nel corso degli anni per quanto ci riguarda».
Produzionidalbasso spiega il ruolo delle piattaforme di crowdfunding nella rete di oggi
Qual è il modello di business che giustifica l’impresa di una piattaforma di crowdfunding? Bisogna procedere su un doppio binario: «Le piattaforme hanno dei modelli di business. Nel nostro caso, c’è una percentuale sul transato che può andare dal 3 al 5%, all’interno del paradigma win-win delle varie piattaforme. Inoltre, chi utilizza queste piattaforme paga per essere aiutato a diffondere il progetto: il modello di sostenibilità dunque è duplice e si basa sulle transazioni e sulle iniziative speciali. C’è poi un livello di soddisfazione nel vedere che succedono le cose. La cosa bella del crowdfunding è che si vedono le cose: si stampa il libro, si mandano i fondi, si costruisce la nave, si fa l’archivio di Minà. Si trasforma il virtuale in reale».
Le piattaforme di crowdfunding, oltre a offrire uno strumento per la raccolta di fondi, sono un modo per fare rete e per permettere ai promotori di una iniziativa di trovare un proprio pubblico di riferimento: «Semplificando molto – spiega Angelo Rindone -, siamo una vetrina. I primi promotori di un progetto sono i loro autori e il pubblico di ciascun progetto varia a seconda della proposta. Attualmente ci sono 526 progetti che stanno facendo raccolta fondi su Produzionidalbasso, 526 persone che si rivolgono a un pubblico spesso molto diverso. Noi poi abbiamo i nostri social, una newsletter da 100mila iscritti, facciamo webinar e incontri in persona, abbiamo un ufficio stampa per diffondere la cultura progettuale del crowdfunding. In questo modo, cerchiamo di diffondere informazioni utili affinché tutti possano utilizzare questo strumento. Chiaramente, non siamo in grado di aiutare tutti i 526 progetti che sono presenti sulla nostra piattaforma: ma mettiamo a disposizione dei dati, una dashboard, degli strumenti predittivi per far sì che le campagne possano andare a buon fine».
Sorprende che sempre più iniziative culturali di spessore facciano riferimento alle piattaforme di crowdfunding. Il caso dell’archivio di Gianni Minà è sicuramente emblematico. Ma nel recente passato, ad esempio, anche Michele Santoro ha fatto ricorso al crowdfunding per organizzare l’evento Pace Proibita al Teatro Ghione. «Produzionidalbasso è sempre stato in qualche modo al centro di importanti progetti di autopromozione culturale del nostro Paese – ha detto il CEO di Produzionidalbasso -. È stato usato dai Wu Ming, da Mediterranea e da Sea Watch, dal Comune di Bergamo per finanziare il bosco della memoria, da chi ha lanciato la campagna di donation per Mimmo Lucano, dallo show su YouTube della Guzzanti. Sono diversi i personaggi noti che hanno usato questo strumento. Sfatando un mito, potremmo dire che il crowdfunding non è uno strumento per “artisti della domenica”, questo è un luogo comune. Perché queste persone note utilizzano le nostre piattaforme: in primo luogo perché c’è una certa voglia di indipendenza da parte dei soggetti promotori delle iniziative, in secondo luogo perché purtroppo, in questo Paese, c’è poca attenzione nei confronti di determinati settori, proprio come il giornalismo».
Una circostanza che è diventata sin troppo evidente dopo il 2020, con la pandemia e con la radicale diminuzioni di occasioni di confronto e di condivisione pubblici. La crescita del ricorso al crowdfunding è stata accompagnata anche dall’esigenza di innovare e di proporre nuove soluzioni. «Siamo cresciuti moltissimo negli ultimi anni e la pandemia ha accelerato alcuni processi – spiega Rindone -. Il mondo del terzo settore oggi non può più prescindere dal crowdfunding, anche perché i donatori sono sempre più giovani e sono sempre più digitali. Questo ha amplificato la crescita di queste piattaforme. Oggi, da noi, ci sono più di 380mila iscritti e più di 20 milioni raccolti. L’elemento nuovo, che stiamo portando avanti da un po’ di tempo in realtà, è che molti stiano utilizzando queste piattaforme per progetti di innovazione aperta e sono anche soggetti istituzionali, aziende, banche, fondazioni: molti soggetti costruiscono delle progettualità condivise. Visto che questa cosa sta generando delle cose molto interessanti, le piattaforme stanno diventando sempre di più dei luoghi di co-progettazione, una sorta di tavolo dove diversi soggetti costruiscono delle iniziative che generano un impatto positivo».