Il precedente di 25 anni fa: il caso “Stati Uniti contro Microsoft”

Il 18 maggio del 1998, iniziò il lungo tragitto di una causa che durò - compresi i ricorsi - oltre tre anni. Il tema era quello dell'abuso di posizione dominante nel mercato dei motori di ricerca. Esattamente come accade oggi con Google

12/09/2023 di Enzo Boldi

Solo pochi giorni fa, Google ha festeggiato il suo 25esimo compleanno. Era il 4 settembre del 1998 quando due studenti ricercatori dell’Università di Stanford – Larry Page e Sergey Brin – diedero vita a quel progetto-azienda che, oggi, è diventata la più grande realtà del mercato tecnologico a livello mondiale. Festeggiamenti che, però, rischiano di essere molto amari visto che oggi è iniziato il processo contro il colosso di Mountain View, che dovrà rispondere all’accusa – mossa dal Dipartimento di Giustizia USA, dopo un’indagine dell’Antitrust – di abuso di posizione dominante nel mercato dei motori di ricerca. Amaro anche per le coincidenze: proprio nelle settimane precedenti alla nascita di Google, è andato in scena l’inizio del processo “Stati Uniti contro Microsoft“, con l’azienda di Bill Gates accusata esattamente della violazione della stessa legge, con dinamiche pressoché analoghe.

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Venticinque anni fa. Ancora non si poteva parlare di “Era digitale”, ma c’erano già tutti i presupposti per capire come l’evoluzione tecnologica sarebbe diventata l’elemento trainante delle economie e dei mercati globali. Proprio mentre Larry Page e Sergey Brin facevano ascoltare al mondo i primi vagiti della loro creatura “Google”, negli Stati Uniti stava andando in scena un processo che – di fatto – ha permesso (dopo la sentenza) alla stessa Google di avere uno spazio libero sul mercato dei motori di ricerca.

Stati Uniti contro Microsoft (nel 1998) come il caso Google di oggi

Tutto iniziò il 18 maggio del 1998, quando un caso Antitrust varcò le soglie del tribunale. Da una parte il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti; dall’altra Microsoft. Secondo l’accusa, l’azienda di Bill Gates aveva violato le prime due sezioni dello Sherman Antitrust Act, una legge approvata nel lontano 1890 per regolamentare la concorrenza nelle materie prime, bandendo le pratiche commerciali monopolistiche. In che modo?

  • Integrando il browser Internet Explorer (che ora non esiste più, sostituito da Edge) nel sistema operativo Windows in modo da farlo apparire come un’unica entità.
  • Imponendo ai produttori di personal computer di includere Internet Explorer nei loro dispositivi come componente obbligatoria, legata a doppio filo al sistema operativo Windows.
  • Stipulando accordi esclusivi con i produttori di computer, imponendo loro di installare altri browser.

Dunque, la causa Stati Uniti contro Microsoft sembra ricalcare in pieno l’impianto accusatorio che oggi viene mosso contro Google dal Dipartimento di Giustizia USA (e non solo). Si parla di accordi commerciali atti a fagocitare il mercato, nel tentativo (riuscito) di creare un vero e proprio monopolio dei browser e dei motori di ricerca.

Come è andata a finire

E se il processo Google, secondo le previsioni, non dovrebbe durare più di dieci settimane, quello del 1998 contro Microsoft andò avanti per due anni. Alla fine, il giudice Thomas Penfield Jackson diede ragione al governo americano. Ma non si fermò a questo, imponendo a Microsoft di scindersi in due società differenti: la prima si sarebbe dovuta occupare esclusivamente del sistema operativo Windows, la seconda dello sviluppo del browser Internet Explorer e di altri software.

L’anno successivo, però, arrivò la sentenza d’appello dopo il ricorso dell’azienda di Bill Gates: i giudici annullarono l’ordine di scioglimento avanzata nel primo grado di giudizio, spiegando come questa soluzione non fosse necessaria alla tutela del mercato concorrenziale dei sistemi operativi. Da qui si arrivò a dama: Microsoft si sedette allo stesso tavolo del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, arrivando a un accordo in base al quale la società accettò di sottoporsi a un monitoraggio dell’Antitrust per il quinquennio successivo. E non solo: accettò anche di modificare le sue pratiche commerciali (non in toto), aprendo alla possibilità per i produttore di pc di installare anche altri browser all’interno dei dispositivi con sistema operativo Windows, senza necessariamente chiedere l’autorizzazione e il consenso a Microsoft.

Dunque, il caso “Stati Uniti contro Microsoft” sembra ricalcare in piano quello che vede di fronte Stati Uniti contro Google. L’epoca è diversa, siamo oggi in un mondo in cui il digitale è molto più preminente e invadente. Ma le contestazioni mosse oggi contro il gigante di Mountain View sono pressoché le stesse che erano state mosse 25 anni fa contro l’azienda fondata da Bill Gates.

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