Cosa ha detto la politica italiana a proposito del provvedimento del Garante su ChatGPT

Salvini e Renzi cercano di cavalcare i trend dei social network, contrastando la logica che ha portato al provvedimento del Garante. Più severo il Pd, che ha cercato di inserire il tutto nel quadro complessivo dell'AI Act

03/04/2023 di Gianmichele Laino

Da Matteo e Matteo – e non è la prima volta – si avverte un comune sentire rispetto alla questione del blocco di ChatGPT in Italia. Salvini e Renzi hanno espresso pareri piuttosto critici relativamente all’iter che ha portato alla sospensione del servizio di intelligenza artificiale generativa in Italia. Entrambi sembrano avere come destinatario delle critiche il Garante della Privacy che – lo ripetiamo per l’ennesima volta – non ha bloccato ChatGPT, ma ha semplicemente chiesto all’azienda Open AI di chiarire alcuni elementi rispetto alla sua policies sui dati e sulla verifica dell’età degli utenti, dandole del tempo per rimediare. È stato Open AI a chiudere il servizio, preferendo questa come soluzione più comoda. Matteo Renzi ha detto che quella delle istituzioni italiane che cercano di bloccare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale «è una barzelletta»; mentre Matteo Salvini ha parlato di decisione sproporzionata da parte del Garante della Privacy.

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Politica su ChatGPT, il coro alterno delle voci nelle istituzioni italiane

Matteo Salvini non è nuovo – in realtà – a critiche nei confronti di chiunque cerchi di regolamentare i colossi del digitale e della tecnologia. Qualche settimana fa, avendo preso atto della decisione della Commissione Europea di vietare l’utilizzo di TikTok sui dispositivi dei funzionari interni all’istituzione, aveva detto di essere contrario a qualsiasi forma di censura. Nelle ultime ore, invece, si è lasciato andare a un discorso più articolato per quanto riguarda Open AI e, in generale, l’intelligenza artificiale.

«Ogni rivoluzione tecnologica – ha detto Salvini – comporta grandi cambiamenti, rischi e opportunità, è giusto controllare e regolamentare attraverso una collaborazione internazionale tra regolatori e legislatori, ma non si può bloccare, impedendo e danneggiando il lavoro di chi fa impresa, ricerca, innovazione». Inoltre, il leader della Lega ha affermato che questioni relative alla privacy riguardano esattamente tutte le piattaforme digitali e che, per questo motivo, occorrerebbe usare «buonsenso».

Le sue affermazioni, che si fermano abbastanza in superficie rispetto al problema, non prendono in considerazione il fatto che le questioni relative alla diffusione e al trattamento dei dati personali non possono in alcun modo essere sottovalutate in nome del buonsenso, né tantomeno si può adottare questa unità di misura, lasciando passare ogni tipo di forzatura legislativa (sia nel campo della privacy, sia in quello della concorrenza sul mercato) in nome della presunta utilità e dell’essere indispensabile delle piattaforme di Big Tech. Alla fine, il ministro delle Infrastrutture si abbandona allo slogan: «Non è accettabile – dice – che in Italia, patria di Galileo, Marconi e Olivetti, si debba prendere in considerazione di usare una VPN per superare un blocco come avviene in Cina e nei Paesi privi di libertà».

L’intelligenza artificiale, a ogni livello, è oggetto – invece – di un provvedimento che si sta scrivendo a livello europeo. Stiamo parlando dell’AI Act, di cui Brando Benifei (eurodeputato del Partito Democratico) è relatore. Proprio a lui tocca esporre la visione del Partito Democratico in merito al provvedimento del Garante della Privacy su ChatGPT: la sua richiesta è che Open AI prenda seriamente in considerazione quanto esposto dall’autorità italiana. Una speranza affidata a Facebook nel primo pomeriggio di venerdì e subito vanificata dalla decisione più netta, da parte dell’azienda, di bloccare ChatGPT anche in Italia.

Il vero problema della regolamentazione sull’AI – che sta cercando consensi bipartisan a Bruxelles – è che le norme, originariamente, erano state pensate per un’intelligenza artificiale applicata al campo della sicurezza e della sorveglianza (la vulgata sulle prime applicazioni riguardava principalmente il riconoscimento biometrico), ma la grande evoluzione a cui sono andate incontro tutte quelle piattaforme che utilizzano l’AI generativa ha posto una serie di interrogativi al legislatore. Il rischio, come è stato evidenziato anche in una lettera di accademici ed esperti, è quello di un’evoluzione che superi costantemente il quadro normativo.

Gli schieramenti politici italiani, rispetto alla decisione tutta interna al nostro Paese relativa a ChatGPT, sembrano essere abbastanza definiti. Mentre la maggioranza di centrodestra si mostra critica nei confronti del provvedimento del Garante della Privacy, il centrosinistra cerca – abbastanza debolmente, in realtà – di alzare la voce per una maggiore chiarezza normativa. Assente nel dibattito, al momento, il M5S. Un post di fine marzo sul blog di Beppe Grillo sembra collocarlo in una posizione di attesa: una tecnologia che sta aiutando molte aziende (che stanno sostituendo progressivamente i lavoratori), ma che «va monitorata per osservare i suoi effetti a lungo termine». Sembra uno 0-0, palla al centro.

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