Il Piracy Shield è un rischio per la sicurezza informatica

AGCOM accusa Dazn. La Serie A vuole fare causa a Google. Per il governo, invece, va tutto a gonfie vele. Ma non è così, come ci ha spiegato il divulgatore informatico Danilo Cimino

26/10/2024 di Redazione Giornalettismo

È servito il caos legato alla CDN di Google Drive per mostrare al mondo tutti gli effetti nefasti legati al sistema Piracy Shield. La punta di un iceberg molto profondo, con criticità evidenziate da tempo senza, però, ottenere la giusta attenzione mediatica. Oggi se ne parla a tutti i livelli, anche in politica. Quella stessa politica che ha approvato la legge che ha istituito la piattaforma all’unanimità si è accorta (almeno in parte) di quell’obbrobrio che è stato generato. Questo, però, sembra non scalfire il governo e le istituzioni. Mercoledì il Ministro Urso ha dimostrato – alla Camera – di non essere proprio a conoscenza dei reali problemi di questa soluzione. Mentre da AGCOM è arrivata una diffida nei confronti di Dazn. E sullo sfondo la Serie A vuole intentare una causa contro Google.

Piracy Shield è un rischio per la sicurezza informatica

Una vera e propria polveriera, con uno scaricabarile tra chi non si assume le responsabilità per ciò che sta accadendo da mesi e che, soprattutto, non ha alcuna intenzione di ritornare sui propri passi alla ricerca di una soluzione in grado di non paralizzare quello sterminato mondo chiamato internet. Di tutto ciò ne abbiamo parlato con il divulgatore informatico Danilo Cimino – che da anni porta avanti il progetto “Cose di Computer” – che, oltre a sottolineare l’inefficacia del sistema Piracy Shield (a livello tecnico) ha acceso un faro sui rischi che il nostro Paese sta correndo a livello informatico: «Basterebbe che un hacker si impossessasse delle credenziali di un operatore addetto alle segnalazioni per dare il via al caos».

Ma si può, dunque, pensare a una soluzione in grado di debellare la pirateria audiovisiva? Dal punto di vista tecnico, l’approccio del “blocco degli IP” si è rivelato – come ovvio – fallimentare. Si potrebbe pensare a un blocco dei DNS, ci ha spiegato Cimino, ma questa soluzione limiterebbe il problema solo in parte. E allora, che fare? Come insegnano le esperienze del passato, la soluzione più efficace è la riduzione dei prezzi degli abbonamenti. Spendere 20 anziché 60 euro al mese spingerebbe le persone a non ricercare soluzioni illegali. Chissà se queste evidenze saranno ascoltate da chi di dovere.

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