Le tre categorie di super-diffusori di fake news sul Covid in Italia e le ipotesi sul perché lo abbiano fatto
Uno studio di Maria Giovanna Sessa, Senior Researcher presso l'EU DisinfoLab, indica alcune ipotesi interessanti sulle motivazioni che hanno spinto alcune categorie a fare disinformazione sul Covid
23/01/2022 di Gianmichele Laino
Ci sarebbero tre categorie di persone che hanno contribuito alla diffusione delle fake news sul coronavirus nel corso del 2020 in Italia. Più o meno, queste indicazioni erano già state date da diversi studi che hanno analizzato il fenomeno negli ultimi mesi, dal momento che l’osservazione dei fenomeni di disinformazione è stata parte integrante dell’attività giornalistica e uno dei modi per raccontare la pandemia di coronavirus in Italia. Adesso, la novità dello studio di Maria Giovanna Sessa, senior researcher presso l’EU DisinfoLab, è quella di indicare anche delle possibili motivazioni per cui queste tre categorie di persone hanno effettivamente diffuso disinformazione sul coronavirus. Dunque, cerchiamo di riassumere i punti indicati come risposta alla domanda perché le fake news sul covid hanno avuto modo di diffondersi.
LEGGI ANCHE > Il primo report dell’IDMO sulla disinformazione: il 60% delle bufale sono sulla pandemia di Covid
Perché le fake news sul covid hanno avuto modo di diffondersi?
Innanzitutto, le categorie di persone che hanno diffuso fake news sul covid. I politici in primo luogo, con un ruolo fondamentale svolto, in questo senso, dai partiti populisti. Le bufale che arrivano da questa area politica, infatti, rappresentano il 74% del totale (e il 54% delle bufale arriva dalla sola Lega). Non solo: ci sono i cosiddetti super-diffusori di fake news (ovvero delle persone che hanno una certa credibilità e popolarità che hanno conquistato l’attenzione del pubblico parlando di coronavirus senza reali competenze) e ci sono poi quegli appartenenti alla categoria dei medici e degli scienziati che, per cercare visibilità, hanno dato informazioni parziali e fuori contesto. Sempre per quanto riguarda questa categoria, poi, c’è da dire che un ruolo importante è stato giocato anche da chi ha interpretato o ha eliminato il contesto da diverse affermazioni di scienziati o medici.
L’analisi è stata condotta prendendo in considerazione, nel corso del 2020, 1168 articoli di disinformazione presi in considerazione dai vari fact checkers in Italia. La dottoressa Sessa si è chiesta quale interesse ci sia stato nella diffusione di questa disinformazione.
Per quanto riguarda i politici, molti potrebbero aver avuto interesse affinché si minasse la fiducia nelle istituzioni, nel governo, nelle autorità europee oppure si accentuassero le divergenze e la polarizzazione intorno a temi tradizionalmente cavalcati dal populismo, come le migrazioni o l’anti-europeismo. Inoltre, i super-diffusori di fake news (ma anche alcune personalità nella categoria dei medici e degli scienziati) si sarebbero fatti attrarre dalla prospettiva di aver conquistato campo all’interno del dibattito pubblico, aumentando la loro visibilità. Dunque, la diffusione di fake news sarebbe stata collegata semplicemente a motivi di reputazione.