Perché la Dr. Martens (e non solo) ha denunciato il sito di abbigliamento Shein

Una controversia che parte dall'accusa di imitazione di alcuni prodotti messi in vendita sul famoso portale cinese

14/06/2021 di Enzo Boldi

La guerra degli stivali. Da una parte quello noto a tutti e che ha reso iconica un’azienda, dall’altro quello accusato di essere una mera imitazione dell’originale. Questa è la sintesi parziale di quel che sta accadendo a Shein, il famoso portale e-commerce di abbigliamento low cost finito nel mirino delle critiche da parte di altri grandi e piccoli produttori. A muovere i primi passi, intentando una causa nei confronti della piattaforma cinese, è stata la AirWair International, l’azienda che sta alle spalle dei creatori degli iconici stivali Dr. Martens. Ma ci sono anche realtà molto più piccole che stanno protestando da tempo contro quelle che vengono definite “imitazioni”. 

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Tutto è partito da uno stivale, quello iconico che ha reso la famosa Dr. Martens nota in tutto il mondo. Sul portale e-commerce Shein, infatti, si trovava – al momento non è più disponibile – uno stivale che per nome (Martin Boot) e caratteristiche ricordava molto da vicino quello dall’azienda statunitense prodotto fin dagli anni Sessanta. Ma, come spiega il Financial Times, non è stata l’unica azienda a denunciare un comportamento – lesivo della concorrenza, del mercato e dei marchi depositati – del portale made in China.

Shein accusata di “imitazioni” dalla Dr. Martens

Nella documentazione allegata alla denuncia e alla chiamata in causa, si fa riferimento a un concetto ben preciso: «Chiara intenzione di vendere prodotti contraffatti». E AirWair International non è l’unica. Da settimane, infatti, moltissimi influencer hanno portato alla luce le evidenti somiglianze anche tra alcuni prodotti messi in vendita su Shein (con nomi diversi) e altri beni commercializzati da piccole imprese americane. Come nel caso di Kikay, azienda con sede a Los Angeles che produce orecchini artigianali e non in vendita presso i rivenditori. Anche in questo caso il commento dil co-fondatore, Quinn Jones, non lascia spazio a molte interpretazioni: «Sono famigerati per quello che fanno».

Il precedente del 2018 con Levi’s

L’accusa non è nuova. Tre anni fa, infatti, la Levi Strauss citò in giudizio il portale e-commerce cinese con l’accusa di aver copiato – nel suo modello “Arcuate” – le iconiche cuciture presenti sui jeans originali. La causa si risolse con un accordo privato i cui contenuti non sono mai stati resi noti. Ma, già all’epoca, Shein rilasciò una nota che recitava: «Prendiamo sul serio ogni reclamo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, conduciamo indagini approfondite su tali lamentele, e prendi presto azioni sui fornitori che violano il nostro politiche di proprietà intellettuale. Continuiamo anche a investire in e migliorare il nostro processo di revisione dei prodotti per individuare e prevenire le infrazioni».

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