Perché il bosone di Higgs si chiama particella di Dio?

Perché il Bosone di Higgs è chiamato “Particella di Dio”? Cosa si nasconde dietro questa definizione alternativa dell’elemento scoperto dal Cern?

MERITO DI LEON LEDERMAN – La storia merita menzione, ed è alquanto bizzarra, tanto che ne tiene traccia anche il social network Quora: il termine è stato generato dal premio Nobel Leon Lederman, figura centrale nella fisica attuale grazie al suo ruolo nella formazione della materia. Ma non è esattamente un rimando al principio di tutte le cose, come si potrebbe in effetti pensare. Lederman diffuse la storiella per la quale la voleva chiamare la particella “dannata”, in inglese “goddamn particle”. Dannata perché era un rompicapo inspiegabile. Purtroppo per lui il suo editore decise di “censurare” questa definizione puntando sulla “particella di Dio”. Una definizione sovraesposta anche grazie all’attività dei mass-media i quali hanno ingigantito, come sempre, la portata della definizione.

 

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IL LIBRO – Il titolo del libro di Lederman sul bosone di Higgs è “La particella di Dio: se l’Universo è la risposta, qual è la domanda?”. Nonostante la definizione abbia incontrato l’interesse dei media, molti scienziati evitano di pronununciarla a causa della sovraesposizione mediatica. Anche perché la sua scoperta non dà automaticamente la risposta a tutte le domande della fisica. Ad esempio non si può ancora dare una definizione della gravità e della cromodinamica. E per concludere, Higgs è ateo e non gli fa piacere essere che la sua intuizione si chiami “particella di Dio” in quanto il termine potrebbe offendere i religiosi.

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L’IRRITAZIONE DEGLI SCIENZIATI – Pippa Wells, ricercatrice del Cern, ha espresso senza mezzi termini la propria insoddisfazione per questa definizione: “Il bosone di Higgs permette alle particelle di non girare per l’universo alla velocità della luce, ma sentire che viene definito “particella di Dio” mi fa arrabbiare, perché confonde le idee delle persone relativamente alla nostra attività qui al Cern”. James Gillies, portavoce del Cern, conferma che nonostante la freddezza della comunità scientifica questo termine si sposa con il principio nascosto: “Ovviamente non c’entra nulla con Dio ma aiuta le persone a capire come funziona l’universo”.

COME LA SCOPERTA DELLA GRAVITA’ – Una tema che senza dubbio riveste, per le implicazioni che rimanda, importanza fondamentale nel panorama scientifico mondiale. L’Indipendent fa una raccolta delle reazioni a quella che è stata la scoperta annunciata dal Cern. Per il Wall Street Journal si tratta di una delle scoperte più grandi della fisica, mentre per il Der Spiegel si tratta di un modello “che spiega solo il 4 per cento dell’universo” mentre il resto è ancora avvolto dal mistero. Per Fox News la scoperta è paragonabile a quella di Isaac Newton che teorizzò la gravità nel 1687.

PROGETTO FONDAMENTALE – Prima di tutto bisogna sapere che quella in corso al CERN non è la caccia alla particella di Dio, ma la più avanzata e costosa ricerca sulla fisica delle particelle che l’uomo abbia mai messo insieme. Bisogna dimenticare i piccoli laboratori e ascendere a una dimensione completamente diversa, quella di un progetto internazionale che ha previsto la costruzione di una macchina enorme che già con la sua costruzione ha prodotto innovazioni rilevantissime. Si tratta in realtà di più macchine molto complesse che sono continuamente oggetto di miglioramenti e che “intonate” insieme permettono una grande varietà d’esperimenti, che promettono di colmare di verifiche sperimentali i vuoti che ancora inquietano i fisici, che finora li hanno riempiti di robuste supposizioni, ma che come tali attendono conferme.

IL TRIONFO – La conferma dell’esistenza del bosone proprio lì dove si doveva trovare è sicuramente un’iniezione di fiducia per la fisica moderna, per molti fisici addirittura il dato che ha dato senso a una vita di calcoli e ricerche, ma LHC ha un valore ancora più elevato e di parecchio. Al risultato di oggi si è arrivati grazie a decenni di affinamenti e di progressi costanti della scienza e della tecnica in tutti i campi, un progresso che si è riversato e unito all’interno del progetto fino a che l’evoluzione tecnica non ha portato al superamento dei problemi riscontrati nel tradurre in materia una macchina in precedenza solo imaginata.

IL BOSONE SONO IO – Anche l’India rivendica una parte di merito nella scoperta della ‘particella di Dio”. Se il fisico scozzese, Peter Higgs, e’ stato il primo a intuirne l’esistenza, il nome bosone deriva infatti dal fisico indiano Satyendra Nath Bose. Nato a Calcutta nel 1894, a 30 anni arrivo’ alla formulazione di una nuova statistica quantistica per le particelle di spin intero e invio’ il suo lavoro ad Albert Einstein, che applico’ la stessa idea agli atomi. Nacque da qui la famosa statistica di Bose-Einstein.

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