Referendum online: il Garante della privacy dà parere negativo sullo schema di Dpcm

L'Autorità per la protezione dei dati personali fornisce parere negativo sul progetto di decreto per la sottoscrizione online dei futuri referendum

12/04/2022 di Martina Maria Mancassola

Era il 3 giugno 2021 quando il Ministro per la Transizione digitale Vittorio Colao confermava che entro il primo gennaio 2022 sarebbe stata creata una piattaforma univoca gestita interamente e direttamente dalla pubblica amministrazione per raccogliere, in via univoca, le firme dei futuri referendum. Siamo al 12 aprile e ancora nulla è stato fatto. Oggi arriva il parere negativo del Garante sul referendum online: l’Autorità preposta alla protezione dei dati personali interviene rendendo al Ministero per l’innovazione tecnologica parere negativo sullo schema del dpcm che fissa le regole della piattaforma per la raccolta delle firme per referendum e progetti di legge. 

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Parere negativo del Garante sul referendum online: lo schema del dpcm è sfornito delle adeguate garanzie per i cittadini

Vittorio Colao, l’anno scorso, dichiarava che il sistema sarebbe stato sviluppato e integrato con l’Anagrafe Nazionale della popolazione residente e che la Piattaforma avrebbe permesso di firmare online le proposte referendarie, grazie all’accesso sicuro da remoto tramite Spid o Cie, con validazione contemporanea delle sottoscrizioni. La piattaforma unica sarebbe stata realizzata da Sogei e avrebbe permesso di digitalizzare l’intero procedimento «end-to-end» per mezzo dell’integrazione informatica dell’Anagrafe e delle liste elettorali.

Lo Stato, però, non sta di fatto assolvendo a questo suo compito ed ora, con il rilascio del parere negativo da parte del Garante della privacy, i tempi potrebbero allungarsi ancora di piùLo strumento veniva annunciato in occasione dei due quesiti referendari – poi bocciati dalla Consulta -, su eutanasia e cannabis. Ancora una volta, l’innovazione viene bloccata dalla burocrazia. Già nei mesi scorsi, era stato annunciato uno slittamento del progetto ma, tra più rinvii, l’inizio di aprile era stato individuato come termine ultimo per il lancio della piattaforma per la raccolta delle firme online. Ancora oggi, però, nulla è stato realizzato. Il testo oscilla tra il Ministero della Giustizia ed il Garante della Privacy, chiamati a fornire un loro parere, mentre secondo fonti vicine a Colao «è tutto pronto da mesi» dal punto di vista tecnico. 

Il Garante della Privacy ha ora espresso il proprio parere negativo sul testo del dpcm perché sarebbero «troppi i profili critici emersi dall’esame di un provvedimento che incide su istituti di democrazia diretta costituzionalmente garantiti, quali appunto i referendum». Secondo l’Autorità, infatti, il testo sarebbe attualmente sfornito di quelle adeguate tutele che garantiscono il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini. Pur sottolineando che sul piano dei principi e delle competenze non ci sono ostacoli, dal canto suo, all’introduzione di questo strumento, tuttavia, il decreto presenta carenze – nel disciplinare la piattaforma per la raccolta delle firme degli elettori necessarie per i referendum -, molto importanti: «il decreto incide, infatti, sullo svolgimento dei referendum e delle iniziative legislative popolari, ovvero su fondamentali istituti di democrazia diretta che costituiscono esercizio di funzioni pubbliche costituzionalmente rilevanti e garantite. Non si rinviene, tuttavia, in tale documento una adeguata valutazione degli specifici rischi per i diritti e le libertà costituzionali degli interessati che i trattamenti di dati personali, effettuati mediante la piattaforma in questione, possono presentare. Più precisamente, l’Autorità ha rilevato che la titolarità della piattaforma è affidata in gestione ad un soggetto terzo, ancora da individuare, a cui è rimesso l’intero sviluppo tecnologico dell’infrastruttura stessa mediante la definizione dei profili tecnici che saranno contenuti in un manuale operativo, peraltro da redigersi da parte del futuro gestore e sottratti all’esame di questa Autorità, nonché del Ministero della giustizia quale amministrazione concertante».

Il Garante espone, dunque, i suoi dubbi circa la compatibilità del progetto con la Costituzione, poiché il Dpcm prevede l’intervento di soggetti terzi nella gestione della piattaforma, anziché quelli cui l’ordinamento conferisce di trattare i dati dei titolari (promotori, partiti politici, ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, Camera alla quale viene presentata la proposta di legge). In breve, terzi sarebbero il gestore della piattaforma (nello specifico, una persona giuridica individuata dalla Presidenza del Consiglio, che però per ora rimane totalmente indeterminata), e la Presidenza del Consiglio, che deve realizzare la piattaforma, inserire i dati dei cittadini che sottoscrivono il referendum – seppure solo in una fase iniziale -, nonché abilitare l’accesso dei promotori. Inoltre, sarebbe in toto demandato al gestore della piattaforma l’intero sviluppo tecnologico della piattaforma, che non passerebbe dall’esame del Garante e del Ministero della Giustizia.

Foto IPP/Mario Romano

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