Salta l’emendamento per le firme digitali anche per la presentazione delle liste

Sospetti di un accordo sottobanco tra Lega e Movimento 5 Stelle

17/12/2021 di Gianmichele Laino

Altro che Roma Nord. Il vero Vietnam, in queste ore – e come da mai troppo virtuosa tradizione -, si sta consumando all’interno della commissione Bilancio, quella che deve vidimare gli emendamenti da presentare in aula nella prossima settimana, prima dell’approvazione finale della manovra per il 2022. Nella fattispecie, il giallo politico si è consumato l’altro ieri, emergendo alla luce del sole soltanto con la mattinata romana. Le firme digitali per la presentazione delle liste erano state un cavallo di battaglia dei gruppi progressisti, oltre che il naturale proseguimento della rivoluzione iniziata con la raccolta delle firme digitali per richiedere i referendum (uno strumento di democrazia, che si è già esplicitato nel clamoroso successo della raccolta firme per il referendum sull’eutanasia legale e per la legalizzazione della cannabis). Tuttavia, nonostante non si ravvedessero particolari segnali di preoccupazione, nella mattinata romana di cui sopra si è scoperto che l’emendamento era stato bocciato. 

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Raccolta firme digitali, bocciato l’emendamento per la presentazione delle liste

L’emendamento avrebbe consentito, in sede di presentazione delle liste, di avvalersi dello SPID per esprimere la propria preferenza. Ci sarebbe stato un ulteriore passo in avanti verso la sburocratizzazione e verso l’allargamento della partecipazione: molto spesso, la raccolta firme ai banchetti comporta costi importanti e impone una organizzazione capillare sul territorio soprattutto per i piccoli partiti che, in alcuni casi – per circostanze indipendenti dall’impegno e dalla militanza -, si ritrovano nell’impossibilità di presentare il proprio simbolo alle elezioni. Per questo l’emendamento sulle firme digitali rappresenta sicuramente uno strumento necessario.

E invece, nonostante i numeri potenzialmente favorevoli in commissione Bilancio, si è arrivati a una bocciatura. Il sospetto è che ci sia stato una sorta di baratto con un altro emendamento, quello per prolungare il contratto ai navigator per altri 4 mesi. La Lega ha votato sì a quest’ultima eventualità, alzando le barricate – insieme agli altri partiti del centrodestra – sulle firme digitali. E insospettisce l’assenza dei 4 deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Bilancio: senza il loro voto si è arrivati a un pareggio che ha – di fatto – affossato l’emendamento. Probabile un gesto di “riconoscenza” per il prolungamento del contratto dei navigator, che si va a inserire in quell’insieme di norme che disciplinano il reddito di cittadinanza, vera bandiera dei pentastellati.

I problemi evidenziati da Riccardo Magi

Si registra l’ampia insoddisfazione di chi ha proposto l’emendamento. Riccardo Magi, di +Europa, ha censurato con amarezza l’atteggiamento delle forze politiche in questa fase: «Nell’attuale legge elettorale già è prevista l’introduzione della firma digitale per presentare le liste, però il Governo non l’ha mai attuata. Il voto si è concluso con 19 voti a favore e 19 contrari: PD a favore, LEGA-FI-FDI contrari,  Italia Viva astenuta, Leu assente, 4 deputati del M5S assenti non a caso, Coraggio Italia divisa con un voto a favore e uno contrario. L’accordo politico e l’esito del voto sono frutto del peggiore consociativismo: dai numeri appare evidente che la bocciatura dell’emendamento sia stata scambiata, in particolare tra centrodestra e M5S, con la proroga dei Navigator che stava a cuore ai 5S, la cui assenze ha decretato la bocciatura dell’emendamento. Ricordatevi di questo quando sentirete Salvini o Renzi scagliarsi contro i Navigator, o quando sentirete il M5S parlare di digitale al servizio della democrazia e trasparenza» – ha scritto Magi su Facebook.

Ancora una volta si è preferito il gioco di palazzo rispetto alla naturale evoluzione della democrazia verso il digitale.

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