Cosa non torna a Giornalettismo sul regolamento Agcom per l’equo compenso agli editori

Nel mese di luglio 2022, la nostra testata aveva esposto le sue osservazioni all'autorità Ma - in base alle prime evidenze - non sembra ci siano stati particolari progressi rispetto ai nostri dubbi

20/01/2023 di Redazione Giornalettismo

Quello che è certo è che l’Agcom ha approvato il regolamento. La pubblicazione di quest’ultimo, infatti, deve ancora avvenire. Conosciamo però i tratti salienti sull’equo compenso derivante dai futuri accordi tra le aziende Big Tech (come Google e Facebook) e gli editori. E sappiamo qual è stata la bozza di partenza, quella che ha portato i consiglieri dell’Agcom a riunirsi e ad approvare il testo (con il solo voto contrario della consigliera Elisa Giomi). Lo sappiamo perché, ormai nel luglio 2022, l’abbiamo commentata, inviando le nostre osservazioni e le nostre perplessità proprio all’autorità (ma non ottenendo una risposta puntuale, nonostante il lungo e verboso processo di segnalazione, che ci ha portati a compilare ben due allegati). Proprio per questo motivo, oggi, Giornalettismo è in grado di affrontare l’argomento nella maniera più approfondita possibile, facendo presente ai nostri lettori quali sono stati gli aspetti che non ci hanno completamente convinto e quali sono state le nostre osservazioni sul regolamento Agcom.

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Osservazioni sul regolamento Agcom relativo all’equo compenso per gli editori

Rispetto all’articolo 1, quello che definisce il compenso relativo esclusivamente alle tematiche originali affrontate dagli editori, avevamo chiesto ad Agcom di dare una ulteriore specifica su questa definizione. Cos’è tematica originale secondo l’Autorità? Rientrano in questa categoria le interviste, le anteprime, i commenti da punti di vista inediti su tematiche di pubblico interesse? Quando, invece, non si può considerare un contenuto come “tematiche originali”? Una notizia di agenzia ribattuta e riformulata in maniera autonoma dalla testata, magari con l’aggiunta di dati di contesto di cui il giornalista è a conoscenza o con l’aggiunta di un suo commento, può essere considerata “tematica originale”?

Ma non si tratta dell’unico aspetto che siamo andati a indagare. Anzi, questo è stato più un esercizio stilistico. Abbiamo deciso di sottoporre all’attenzione dell’Agcom, invece, degli aspetti molto più sostanziali. Sappiamo, ad esempio, che l’equo compenso sarà determinato da tutta una serie di criteri. Questi, in alcuni casi, sono facilmente determinabili (ad esempio, il numero di giornalisti impiegati dall’impresa editoriale, la presenza di certificazioni relative all’autorità dei contenuti delle testate soprattutto nella lotta contro le fake news, l’anno di inizio delle pubblicazione della testata e così via). In altri casi, invece, ci sono degli evidenti problemi di attribuzione: uno dei criteri più importanti, infatti, è quello che determina numero di consultazioni online dell’articolo e benefici derivanti, ad entrambe le parti, dalla pubblicazione (come visibilità e ricavi pubblicitari). I criteri di riferimento individuati dal regolamento rappresentano sicuramente un vantaggio, ma la base di calcolo deve essere determinata in maniera efficace anche da criteri di misurazione e di valutazione interni ai prestatori di servizio: non si può applicare efficacemente un criterio, infatti, se non c’è una certificazione oggettiva della provenienza del criterio. Anche Google e Meta, inoltre, dovrebbero aprire le loro blindatissime porte a una valutazione esterna che possa dare una effettiva quantificazione oggettiva di queste numeriche. 

Inoltre, sarebbe opportuno avere un elenco degli enti certificatori terzi che dovrebbero stabilire queste numeriche. Non è ancora chiaro – a oggi – se nel regolamento che verrà pubblicato sarà fornito un elenco di soggetti che dovrà avere il compito di individuare uno dei criteri fondamentali per l’accesso (e per la quantificazione) dell’equo compenso. Sarebbe necessaria, inoltre, una maggiore chiarezza anche sugli organi certificatori dell’attendibilità di una pubblicazione: è vero che si specifica che uno dei criteri stabiliti per quantificare l’equo compenso è quello di aderire a codici di condotta, codici etici e standard internazionali in materia di qualità dell’informazione e di fact-checking. Ma quali sono gli organi riconosciuti per questi codici? È possibile che un organismo internazionale come NewsGuard certifichi l’attività editoriale di una testata: ma questo organismo sarà preso in considerazione nella scheda di valutazione?

Giornalisti e ordine d’importanza per i criteri di valutazione: cosa avevamo chiesto

Altro tema riguarda la definizione del numero di giornalisti interni a una redazione che concorre alla determinazione dell’equo compenso: si ritiene di dover ampliare la platea dei lavoratori coinvolti nella costruzione dei contenuti anche ai giornalisti ART.2, agli ART. 3 del contratto nazionale di lavoro giornalistico (non soltanto ai giornalisti con contratto a tempo indeterminato disciplinati dall’ART. 1) con contratti a tempo determinato che spesso integrano le redazioni in periodi di ferie estive e/o eventi speciali, i praticanti, gli operatori video multimediali, i grafici non inquadrati con contratti giornalistici, ma che a tutti gli effetti prendono parte alla filiera di realizzazione del “prodotto editoriale”.

Infine, è opportuno ricordare che non tutti i criteri hanno lo stesso peso specifico per determinare l’equo compenso. L’Agcom prevederà un elenco a cui attribuire maggiore o minore importanza. Secondo Giornalettismo, è importante attribuire maggiore importanza (rispetto all’ordine proposto all’interno della bozza del regolamento) ai criteri legati all’anzianità della testata e all’adesione della testata a buone pratiche di fact-checking individuate da organismi terzi e riconosciuti nel panorama internazionale. È importante attribuire sicuramente un peso specifico molto elevato al numero di consultazioni online della testata, ma soltanto se un ente certificatore terzo potrà fornire esattamente un quadro della situazione relativo ai prestatori di servizi.

Sono domande che, al momento, non hanno ancora una risposta e che – se si aggiungono al periodo di tempo piuttosto lungo che Agcom si riserva di prendersi per mediare in assenza di un accordo tra l’azienda Big Tech e l’editore  – rappresentano comunque degli aspetti che richiedono chiarezza. E che possono spostare di molto l’asticella per un compenso davvero equo e in linea con la direttiva europea sul copyright.

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