Ma l’Agcom (e l’Ordine dei Giornalisti) non hanno nulla da dire su Twitter classificata come app di news?

Se Twitter è un'app di news, allora Elon Musk è un editore, tutti gli utenti sono giornalisti e tutti i tweet sono articoli: i rischi di questo assioma

13/01/2023 di Redazione Giornalettismo

Sorprende sempre quando alcuni organi e autorità, in Italia, non prendano in considerazione delle questioni relative a grandi compagnie e multinazionali, quando invece sono sempre pronti a monitorare quanto avviene per realtà più piccole. Nel numero monografico di oggi, Giornalettismo ha provato a mettere in evidenza una stortura che è presente sul mercato da diverso tempo: Twitter viene classificata, nei vari store di applicazioni, come uno strumento di news. Accade per Google Play Store e accade per l’Apple Store. Ma se questo è possibile, allora occorre evidenziare una sorta di assunto non propriamente rassicurante: se Twitter è una app di news, allora Elon Musk è un editore, gli utenti del social network sono giornalisti e i tweet sono degli articoli. A questo punto, bisogna capire se chi vigila sulla correttezza dell’informazione e sulla deontologia professionale – come Agcom e Ordine dei Giornalisti – abbia espresso una opinione in merito a questa vicenda.

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Agcom su Twitter app di news: il problema dal punto di vista della concorrenza e della correttezza

L’autorità garante delle comunicazioni, lo sappiamo, ha il compito di vigilare sul corretto equilibrio nell’informazione e sulla equa distribuzione della stessa. Sembra evidente che, in presenza di un social network di così grande importanza, in presenza di un’azienda Big Tech che viene classificata come azienda – di fatto – di news, le altre applicazioni che offrono un servizio di questo genere partono in posizione svantaggiata. È impensabile immaginare che tutti i progetti editoriali italiani – a partire da quelli più consolidati come Repubblica o il Corriere della Sera, fino ad arrivare a quelli editoriali indipendenti come il Post e persino agli aggregatori di notizie – ma anche stranieri possano avere come competitor Twitter, che ha sicuramente un altro core business e che era partito con un’altra missione. Di certo non quella di informare gli utenti (o, in alternativa, di informarli appoggiandosi soltanto a fonti di news certificate).

Ma non si tratta soltanto di una questione di concorrenza. Si tratta anche di una questione di deontologia professionale. Abbiamo visto come, nel corso del tempo (ad esempio), Twitter sia stato un terreno fertile per la proliferazione di fake news e di teorie complottiste che, in qualsiasi approccio alla professione giornalistica sono catalogate come i mali assoluti di questo ecosistema. Se devi dare una notizia, questa deve essere qualificata, confermata, sicura. Invece, su Twitter chiunque può postare informazioni false, fortemente esagerate, estremiste, offensive. Si tratta proprio dell’opposto rispetto al giornalismo deontologicamente corretto. E ci basta fermarci qui, senza prendere in considerazione il linguaggio violento, gli attacchi, i potenziali reati contro la persona (come la diffamazione) che possono essere perpetrati sulla piattaforma. Roba che, se una cosa del genere dovesse essere fatta realmente su app di news, l’Ordine dei giornalisti interverrebbe per sanzionare (o addirittura radiare) uno o più iscritti.

Ecco perché non è possibile considerare Twitter come app di news ed ecco perché questa cosa è ingiusta se si considera l’ecosistema mediatico italiano. Possibile che nessuno degli organi competenti citati nell’articolo abbia nulla da dire?

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