Tra possibili certificazioni e nuovi media, come sta andando la tv italiana?

L'osservatorio sulle comunicazioni dell'Agcom - nell'ultimo report del 2023 - aveva evidenziato una generale diminuzione degli utenti

08/01/2024 di Gianmichele Laino

In un’epoca in cui si cerca di offrire una certificazione digitale alle notizie che vengono diffuse sulle varie piattaforme, bisogna provare a capire che impatto avrebbero, eventualmente, sui media tradizionali. La proposta di cui stiamo parlando nel nostro monografico di oggi è quella del deputato di Fratelli d’Italia Federico Mollicone, che ha proposto questa soluzione (all’interno del Tusmar) per ovviare alla diffusione di fake news e titoli click-bait. Ma cosa succede quando queste notizie contagiano anche le televisioni? Ci sono due problemi che devono essere presi in considerazione relativamente a questa domanda: la rapidità di comunicazione favorita dalle nuove piattaforme e la sempre maggiore presenza del digitale nelle abitudini degli utenti, che hanno perso la loro fiducia nei mezzi di comunicazione di massa, sebbene possano essere tradizionalmente considerati delle istituzioni nel campo dell’informazione di base. Su questo, può esserci d’aiuto l’ultimo dato disponibile estratto dall’Osservatorio sulle comunicazioni dell’Agcom, riferibile all’ultimo quarto del 2023.

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Osservatorio comunicazioni Agcom, il calo certificato degli spettatori della televisione

Se l’esigenza fotografata da Mollicone, attraverso la sua proposta di certificazione delle notizie digitali, fosse effettivamente corrispondente, si assisterebbe a una fuga degli utenti dalle piattaforme online, per una ricerca di una maggiore attendibilità nei media tradizionali. Invece, la televisione (ma anche la carta stampata) sono continuamente in calo. Nell’arco della giornata, gli spettatori medi che a settembre hanno guardato la tv sono stati 7,7 milioni. Se si considera il peso specifico di questo dato sull’intero anno, gli spettatori medi diventano poco più di 8 milioni, comunque in calo del 10,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A calare, ovviamente, è anche il prime-time (il momento in cui gli italiani si sintonizzano maggiormente davanti alla televisione): la media del 2023 è inferiore di 11 punti percentuali rispetto a quella del 2022.

Fuga dalle televisioni, dunque. Ma da tutte? C’è chi resiste meglio e chi accusa i colpi più sferzanti. Secondo l’Agcom, Mediaset ha per la prima volta superato la Rai per spettatori medi sull’intero giorno, contenendo maggiormente l’emorragia di pubblico rispetto ai canali del servizio pubblico. Tutti i canali televisivi – con la sola eccezione di Tv8 – hanno però visto abbassarsi la loro audience: segno meno per Raiuno, Raitre, Canale 5, Rete 4, Italia 1. Raidue fa registrare un dato invariato rispetto a un triennio (2019-2022) già abbastanza negativo di per sé. Insomma, sebbene le piattaforme digitali possano contenere al loro interno i semi più produttivi per la disinformazione, restano i veicoli di informazione e intrattenimento preferiti dagli utenti.

Il servizio pubblico – su cui la stessa politica che vorrebbe introdurre le certificazioni digitali sulle notizie dovrebbe avere maggiori responsabilità – esce con le ossa più rotte rispetto alle emittenti private. E anche questo dovrebbe essere motivo di riflessione, piuttosto che indurre le istituzioni a sperimentare soluzioni creative che rischierebbero di trasformare ancora di più le modalità di fruizione dei mass-media dell’opinione pubblica, creando un effetto boomerang (e forse simile a quello che è stato in passato per televisioni e giornali) anche per le piattaforme digitali. Con i suoi quasi 44 milioni di utenti, internet resta il terreno più solido per informazione e intrattenimento in Italia: può essere che la politica, in questo, più che una risorsa veda un pericolo?

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