Quello che succede quando provi a chiedere di ricevere una multa via PEC

Accorciare i tempi, semplificare la burocrazia, agevolare - magari - anche il pagamento di una multa. Sarebbe bellissimo fare tutto attraverso il digitale, ma oggi - purtroppo - è ancora così difficile

12/01/2024 di Gianmichele Laino

Nel migliore dei mondi possibili, quello che stiamo per descrivere sarebbe un assodato. Un cittadino riceve una multa e – invece di aspettare lettere nella cassetta della posta, con relativo spreco di carta e con un inevitabile allungamento dei tempi e conseguente aumento del rischio di smarrimenti, distrazioni, omissioni del mittente e del destinatari – apre la sua casella di posta elettronica certificata, visiona la sanzione, apre l’app del suo istituto di credito e salda il tutto. Con dimezzamento dei tempi, dell’uso della carta e dello sforzo – per cittadino ed ente – rispetto all’invio o alla ricezione del denaro dovuto. In teoria, questa circostanza non è soltanto prevista nel migliore dei mondi: si potrebbe verificare tranquillamente anche in Italia. Se non ci fosse la burocrazia di mezzo e il classico, immancabile paradosso. Partiamo da un episodio descritto sui social network per parlare di cosa serve, oggi, per ricevere una multa via PEC.

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Il post di Mariano Cirino su X e sull’odissea per ricevere una multa via PEC

Mariano Cirino è un autore e regista televisivo che, su X, ha anche un discreto seguito. Sul social network ha riportato il documento emesso dal Comune di Roma in risposta alla sua richiesta di ricevere le sanzioni amministrative al suo indirizzo di posta elettronica certificata:

Stando alla sua testimonianza, la risposta del Comune di Roma è arrivata solo dopo mesi di richiesta del dominio digitale. Il Comune di Roma ha spiegato che fino ai primi mesi del 2023, l’ente estraeva gli indirizzi di posta elettronica certificata dei professionisti dall’elenco INI-PEC, con conseguente invio della notifica del verbale a questo stesso indirizzo. Tuttavia, successivamente, c’è stato un intervento del Garante della Privacy che ha evidenziato come questa pratica non fosse in linea con le regole per il corretto trattamento dei dati personali (anche collaboratori, colleghi e praticanti del professionista potevano consultare i dati del professionista registrato a INI-PEC, mettendo a rischio i dati personali stessi).

Un problema di comunicazione tra INAD e gli enti della pubblica amministrazione

Dal luglio del 2023, tuttavia, è stato avviato il portale INAD, ovvero l’indice nazionale dei domini digitali. Nella home page del portale si legge quanto segue: «Indicando una PEC come tuo Domicilio digitale riceverai tutte le comunicazioni della Pubblica Amministrazione con valore legale direttamente nella tua casella di posta. Puoi gestire il tuo account in completa autonomia: in qualsiasi momento potrai indicare un’altra PEC oppure cancellarla definitivamente». Dunque, a quanto pare, sarebbe tutto molto semplice. Al 12 gennaio 2024, secondo quanto riportato da INAD, sono oltre 2.477.000 i cittadini che hanno registrato un domicilio digitale.

In base a quello che risponde il Comune di Roma, tuttavia, una serie di adempimenti necessari per far comunicare il sistema di notifica dell’ente con il portale INAD rende attualmente impossibile un immediato avvio di questo tipo di invio della documentazione. Il Comune ha anche spiegato che bisognerebbe processare migliaia di verbali al giorno. Il risultato? Al momento, per ricevere una multa bisognerà ancora andare a spulciare la cassetta della posta.

Giornalettismo ha provato a contattare Mariano Cirino per avere un ulteriore commento rispetto alla testimonianza riportata su X, ma non ha al momento ricevuto risposta. Tuttavia, il quadro che ha prospettato, al momento, fa ben capire come la pubblica amministrazione – sulla cui digitalizzazione punta tantissimo il Pnrr, con lo stanziamento di 6 miliardi di euro per questo scopo – sia ancora distante da un cittadino che opera sempre di più e con sempre maggiore costanza sul digitale.

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