Ci fregano ancora i dati personali, questa volta le foto

Come gli sparring partner per allenare l’intelligenza artificiale, ma a nostra insaputa. Il New York Times rivela l’esistenza di un nuovo scandalo sulla cyber-sicurezza. Viene definito il MegaFace e parla di milioni di fotografie sottratte dai nostri social e dalle piattaforme online per testare il riconoscimento facciale per prodotti di colossi mondiali dell’High Tech. Il tutto doveva basarsi solamente su immagini pubbliche – cioè non rese private dagli utenti sui propri profili -, ma una presunta falla nei sistemi ha dato l’accesso anche ai contenuti non condivisi con il mondo e la rete.

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Il tutto per allenare l’intelligenza artificiale e il riconoscimento facciale di aziende come Google, Tencent, SenseTime, NtechLab, Amazon, Mitsubishi Electric e Philips (queste le grandi aziende citate dal New York Times). Tutte attingevano dall’immenso bacino fotografico denominato MegaFace che, però, conteneva non solo foto non pubbliche, ma anche immagini di minori. Il tutto, ovviamente, senza la tutela della privacy e senza il consenso dei diretti interessati che sono finiti nel bel mezzo di una sperimentazione tecnologica.

Lo scandalo MegaFace per allenare il riconoscimento facciale

La storia riportata dal Nyt parte dal 2005 e racconta di una madre che aveva condiviso alcune fotografie dei suoi due figli su Flickr. Immagini private di un album di famiglia di cui, però, si è cibata la mangiatoia MegaFace. La donna, anni dopo, ha scoperto che i volti dei suoi figli – ora adulti – erano stati utilizzati dai colossi del web per allenare le proprie tecnologie all’intelligenza artificiale del riconoscimento facciale. E non solo quei due ragazzi, ma altri milioni di utenti: si parla di oltre 4 milioni 672mila persone coinvolte a loro insaputa.

Algoritmi, nuove tecnologie e privacy

Negli Stati uniti, patria dello scandalo MegaFace, le norme sulla privacy online sono meno stringenti rispetto all’Europa e all’Italia, ma c’è chi – come lo Stato dell’Illinois – che sta preparando una class action contro le aziende che si sono ‘rifornite’ dal bacino online di fotografie senza autorizzazioni. Si dovrà valutare se lo scandalo sia stato circoscritto agli States oppure abbia anche varcato i confini dell’Europa.

(foto di copertina: Alex Tai/SOPA Images via ZUMA Wire)

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