Max Schrems: «Un duro colpo per Meta, i tentativi di aggirare il GDPR sono nulli»

Il principale attivista sulla tutela dei dati personali ha evidenziato la decisione della corte di giustizia europea che si è pronunciata contro Meta sull'utilizzo dei dati personali non strettamente necessari

05/07/2023 di Gianmichele Laino

«Questo è un duro colpo per Meta, ma anche per altre società di pubblicità online. Chiarisce che varie teorie legali dell’industria per aggirare il GDPR sono nulle». Max Schrems ha commentato così la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che si è pronunciata contro Meta per il suo trattamento dei dati personali non necessari e per il suo conseguente tentativo di aggirare il regolamento europeo per la protezione della privacy. La conferma della decisione dell’autorità tedesca – contro cui Meta aveva fatto ricorso alla CGUE – ha significato il divieto di subordinare, nelle condizioni generali, l’uso del social network Facebook da parte di utenti privati residenti in Germania al trattamento dei loro dati off Facebook e di procedere al trattamento di tali dati senza il loro consenso. Un successo che, quindi, può essere ampiamente applicabile anche in altri Stati dell’Unione Europea.

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Max Schrems e il commento della sentenza della Corte di Giustizia europea contro Meta

I più informati ricorderanno il profilo di Max Schrems. La sua azione di attivista, partita nel 2011, ha portato alla definizione di un principio fondamentale su cui si è successivamente basato il GDPR: il trasferimento dei dati personali verso Paesi terzi (come possono essere considerati gli Stati Uniti nei confronti dell’Unione Europea) è sempre considerato vietato. Per questo motivo, le battaglie condotte dall’avvocato sono state tra le più determinanti per la diffusione di una sensibilizzazione sulla cultura del dato personale negli Stati dell’UE e non solo.

In seguito al giudizio della Corte UE, Schrems afferma – attraverso l’organizzazione NOYB, European Centre for Digital Rights – che Meta non possa avere più la facoltà di fare qualsiasi cosa senza il consenso diretto dell’utente, quando si tratta dei suoi dati personali. Un’affermazione non scontata, dal momento che l’azienda di Mark Zuckerberg svolgeva azioni molto importanti (e cruciali per il suo business) basate proprio sul trattamento personale dei dati degli utenti, comprese alcune specifiche formule di targettizzazione pubblicitaria.

«Accogliamo con favore la decisione della CGUE – ha detto Schrems -. Chiarisce ulteriormente che Meta non può semplicemente aggirare il GDPR con alcuni addendum nei suoi documenti legali. Ciò significa che Meta deve cercare il consenso adeguato e non può usare la sua posizione dominante per costringere le persone ad accettare di cose che non vogliono».

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