A Zuckerberg mostrano le prove del ruolo di Facebook su Capitol Hill, ma lui dice che la colpa è di Trump
In audizione presso la Commissione per l'energia e il commercio del Congresso, Zuckerberg ha minimizzato il ruolo della sua piattaforma
26/03/2021 di Gianmichele Laino
Tempo di audizioni, ieri, per i numeri uno dei social media presso la Commissione per l’energia e il commercio del Congresso. Mark Zuckerberg, in modo particolare, si è trovato di fronte una agguerrita commissione parlamentare, intenzionata a fargli assumere le sue responsabilità per quanto accaduto a Capitol Hill lo scorso 6 gennaio. Si partiva, infatti, da un presupposto fondamentale: non soltanto le piattaforme meno diffuse di Facebook e Twitter avevano avuto un ruolo nel confronto e nel reclutamento dei manifestanti, ma anche gli Over the top.
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Mark Zuckerberg dà tutta la responsabilità di Capitol Hill a Trump
Poche ore dopo l’assalto, infatti, il Chief Operating Officer di Facebook – Sheryl Sandberg – aveva detto: «Penso che questi eventi siano stati in gran parte organizzati su piattaforme che non hanno la nostra capacità di fermare l’odio, non hanno i nostri standard e non hanno la nostra trasparenza». Insomma, Facebook si era chiamato fuori. Oggi, i deputati del congresso mettono Zuckerberg di fronte a quelle affermazioni, mostrandogli allo stesso modo quanto il movimento Stop the Steal – che aveva avuto un ruolo fondamentale nelle proteste di Capitol Hill – fosse penetrato all’interno di Facebook, con diversi gruppi e pagine che vi facevano riferimento, sfuggite al controllo dei moderatori della piattaforma.
Le prove, davanti al CEO della compagnia. Fino a quel momento, Zuckerberg aveva continuato a minimizzare il ruolo di Facebook nella protesta di Capitol Hill: «Penso che la responsabilità ricada sulle persone che hanno intrapreso le azioni per infrangere la legge e fare l’insurrezione – ha detto Zuckerberg -, in secondo luogo, anche con le persone che hanno diffuso quel contenuto, compreso il presidente Donald Trump, dicendo che le elezioni erano state truccate e incoraggiando le persone a organizzarsi».
Le ammaccature di Zuckerberg al Congresso
La piattaforma, dunque, non sarebbe responsabile al pari dei massimi vertici della politica statunitense all’epoca dei fatti (compreso Donald Trump). Ma quando i deputati hanno mostrato a Zuckerberg i dati sulla penetrazione su Facebook di gruppi complottisti sfuggiti alla moderazione, allora il CEO ha fatto una parziale – per quanto vaga – ammissione: «Certamente c’era del contenuto sulla nostra piattaforma – ha concesso Zuckerberg -. E da questo punto di vista, penso che ci sia ulteriore lavoro da fare per rendere i nostri servizi e la moderazione più efficaci».
Non è la prima volta che, chiamato in causa davanti al Congresso, Mark Zuckerberg sia costretto a fare retromarcia rispetto alle sue dichiarazioni iniziali. Nel 2019 era stata Alexandria Ocasio-Cortez ad attaccare il numero uno di Facebook per gli episodi di razzismo e di suprematismo bianco che la piattaforma aveva lasciato impuniti, intravedendo – in questo – una sorta di complicità dello stesso Facebook con questa attitudine del suo pubblico. Ogni volta che Mark va al Congresso, sono sempre ammaccature.