Lo studio che dimostra che i contenuti di estrema destra su Facebook hanno molte più interazioni

Ricercatori della New York University hanno fatto emergere una realtà che si intuiva, ma che adesso viene messa nero su bianco

08/03/2021 di Gianmichele Laino

Che i social network siano un posto dove, per la maggior parte, si contribuisce a diffondere disinformazione, è un elemento su cui si sta concentrando l’attenzione ormai da tempo. Ma il fatto che, in questo fenomeno, ci siano delle piattaforme che – attraverso progetti o finanziamenti – cercano costantemente di migliorare la propria reputazione, rappresenta sempre la polvere da mettere sotto al tappeto, nella maggior parte delle circostanze. Così, assume un’importanza focale lo studio della New York University dimostra che l’estrema destra su Facebook è portatrice di messaggi più penetranti e con una maggiore diffusione.

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Estrema destra su Facebook, il valore dei suoi post

Lo studio della New York University non è ancora stato sottoposto a peer review, ma i risultati clamorosi che sono emersi hanno portato alcuni membri del team di ricerca a comunicare con la stampa, soprattutto in seguito ad alcune vicende – e il riferimento a Capitol Hill sembra davvero calzante – che hanno fatto emergere quanto i social network siano stati degli aggregatori per proteste collegate all’estrema destra e per la diffusione eccessiva di disinformazione su questioni cruciali.

In modo particolare, l’indagine si è concentrata su Facebook e su alcune informazioni – e sul loro sentiment – messe a disposizione dai progetti di data providers e di fact checking NewsGuard e Media Bias Fact Check. Analizzando 8,6 milioni di post pubblici condivisi da 2.973 fonti di notizie e informazioni, nel periodo compreso tra il 10 agosto 2020 e l’11 gennaio 2021, è stata classificata l’inclinazione politica dei contenuti e il fatto che le informazioni fossero più o meno veritiere (news vs fake news, insomma).

Il risultato è stato molto significativo: i post classificati come di “estrema destra” riuscivano a raccogliere un numero di interazioni decisamente superiore rispetto a quelli legati alla sfera progressista. La stessa cosa valeva per le fake news (e questo è un aspetto sicuramente non nuovo), molto più condivise rispetto alle notizie che, invece, erano considerate veritiere.

«Le fonti di estrema destra designate come diffusori di fake news – sostengono i ricercatori della New York University – avevano una media di 426 interazioni per 1000 followers a settimana, mentre le fonti di non disinformazione avevano una media di 259 interazioni settimanali per 1000 followers». Praticamente il doppio. E questo ha portato alla conclusione che essere un diffusore di fake news che proviene dall’estrema destra rappresenta un vantaggio nella comunicazione su Facebook.

I punti deboli della ricerca

Il social network di Mark Zuckerberg, coinvolto da alcuni media americani subito dopo l’uscita di questo studio dell’ateneo newyorkese, ha fatto sapere che il numero di interazioni non significa automaticamente raggiungere più persone. Ma questo dato non è a disposizione del team di ricerca che ha condotto lo studio che, quindi, ha chiesto di poter ottenere questi riferimenti per poter dare una maggiore profondità alle informazioni raccolte.

«Sono necessarie ulteriori ricerche – scrivono, in maniera consapevole, i ricercatori – per determinare in che misura gli algoritmi di Facebook alimentino questa tendenza e per condurre analisi su altre piattaforme popolari, come YouTube, Twitter e TikTok. Senza una maggiore trasparenza e accesso ai dati, tali domande di ricerca sono fuori dalla portata degli studiosi».

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