Dalla lotta alla pirateria a problema per il copyright, la strana involuzione dell’AI nell’industria musicale

A parlarne con Giornalettismo è stato Marco Signorelli, Director of Strategy & Operations della Digital Content Protection

13/04/2023 di Gianmichele Laino

C’è stato, a un certo punto, un evidente cortocircuito. Un tempo – era soltanto il 2018 – le istituzioni europee avevano favorito in maniera abbastanza importante l’utilizzo di tecnologie basate sul machine learning e su altre applicazioni dell’intelligenza artificiale per lottare contro la pirateria online. Valeva per merce contraffatta, valeva per i video, valeva anche per l’industria musicale. Era il compito delle realtà di brand protection – come quella di Digital Content Protection, una società che si occupa di difendere la proprietà intellettuale e che lavora con grandi major come Warner Music, Sony Music e Universal Music – fare un attento monitoraggio del web per evitare il diffondersi di contenuti pirata di questo tipo. Oggi, all’improvviso, l’intelligenza artificiale – nel campo della musica – si è trasformata in una sorta di minaccia nei confronti del diritto d’autore. Ne abbiamo parlato con Marco Signorelli, che proprio di DcP è Director Strategy & Operations.

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Marco Signorelli e il ruolo dell’intelligenza artificiale nell’industria musicale

«Come si può tutelare l’attuale catalogo offerto dall’industria liquida delle varie piattaforme? Alla base della generative AI c’è un brano tutelato. Dobbiamo capire da dove vengono prese queste opere: spesso vengono prese dalle stesse piattaforme che oggi vanno a rappresentare l’offerta legale, come YouTube, Spotify. Uno dei primi ambiti di intervento da valutare è dato dalle misure tecnologiche di sicurezza osservate dalle piattaforme di distribuzione legale, per limitare l’attività di scraping e download massivo che può avvenire su di esse. Faccio riferimento al fenomeno dello stream ripping sul quale l’industria e le attività di tutela dei contenuti devono riporre ancor maggior attenzione rispetto prima».

Il problema che si analizza, infatti, è quello della generazione dei contenuti che comunque deriva da un database di prodotti già esistenti che, almeno in teoria, dovrebbero essere protetti dal copyright e, quindi, non così facilmente accessibili. Ma c’è anche un altro tema che bisogna prendere in considerazione quando si parla di intelligenza artificiale applicata al settore dell’industria musicale: «Bisogna aumentare l’attività di ricerca online dei contenuti per capire quale contenuto sia stato creato o meno con l’intelligenza artificiale. La nostra industria deve dotarsi di strumenti per creare modelli predittivi d’analisi, basandosi su tutto il catalogo dei singoli artisti, per comparare il contenuto musicale analizzato e rilevare una somiglianza con un brano di un autore o di un’autrice. Solo in questo modo si può effettivamente verificare la violazione di un’opera tutelata».

È molto interessante che questa discussione venga fatta a proposito di brani generati attraverso l’intelligenza artificiale. Quella stessa intelligenza artificiale che, un tempo, veniva utilizzata per combattere la pirateria online, anche in campo musicale. Perché, nel corso del tempo, uno stesso strumento ha preso una direzione così diversa? «È la finalità dello strumento che fa sfociare nell’illegalità. Questa tecnologia può sicuramente facilitare l’industria musicale, ma il tema è che, quando si parla di nuovi strumenti, questi ultimi possono di certo essere utilizzati fuori dai binari della legalità. Era successo anche in passato con il peer-to-peer di Napster».

Un caso, quest’ultimo, che è molto interessante paragonare all’attuale contesto. Il servizio che, oltre 10 anni fa, metteva a disposizione degli utenti una vera e propria biblioteca musicale completa, era stato chiuso in seguito alla violazione della proprietà dei contenuti stessi che venivano condivisi. È verosimile che, qualcosa del genere, possa verificarsi anche con l’intelligenza artificiale, a maggior ragione in un contesto che – dal punto di vista normativo – sembra essere più pronto di un decennio fa: «Oggi con molta più semplicità – continua Signorelli – ci sono applicazioni che possono sfruttare queste tecnologie per creare nuove canzoni, simili a quelle degli artisti preferiti. Ma, allo stesso tempo, è molto più facile intervenire su queste piattaforme. Il punto vero resta, ancora una volta, quello di capire come si fa a comprendere che un brano sia stato realizzato partendo da altri brani tutelati dal copyright».

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