Altro giro, altra corsa: anche il mondo della musica vuole frenare l’AI

Universal Music, che controlla quasi un terzo del mercato globale del settore, ha chiesto alle piattaforme di streaming di agire per evitare lo scraping delle canzoni protette da copyright

13/04/2023 di Enzo Boldi

Dopo i testi e le immagini, ecco che anche il mondo della musica ha iniziato a mostrare i primi tangibili segni di insofferenza nei confronti dell’intelligenza artificiale. E la prima a muovere dei passi è stata la Universal Music Group – società che controlla quasi un terzo del mercato globale del settore – che nelle scorse settimane ha inviato una mail ai due principali servizi di musica in streaming (Spotify e Apple) con una richiesta ben precisa: impedire ai sistemi di intelligenza artificiale lo scraping di melodie e testi dalle loro canzoni protette da copyright. E non solo: si chiede anche di rimuovere dai cataloghi messi a disposizione degli utenti anche le canzoni prodotte dall’AI, per lo stesso motivo.

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La mail, citata dal Financial Times, risale all’inizio di marzo. Il quotidiano economico-finanziario britannico ha riportato una parte di quella comunicazione inviata alle piattaforme Spotify e Apple (che non hanno ancora risposto a una richiesta di commento:

«Ci siamo resi conto che alcuni sistemi di intelligenza artificiale potrebbero essere stati addestrati su contenuti protetti da copyright senza ottenere i consensi richiesti o pagare un compenso ai titolari dei diritti che possiedono o producono il contenuto […] Non esiteremo a prendere provvedimenti per proteggere i nostri diritti e quelli dei nostri artisti». 

A cosa fa riferimento Universal Music? Oltre a quanto presente all’interno delle piattaforme di musica in streaming, esistono canali YouTube in cui vengono pubblicati brani generati attraverso l’intelligenza artificiale (non solo ChatGPT, ma anche Bard e altre chatbot generative conversazionali e altri programmi che riescono a produrre musica e testi attraverso una serie di comandi inserite dall’utente). Per esempio, su @PluggingAI sono state pubblicate una serie di tracce con la “voce” di Kanye West che canta testi scritti da altri. Come nel caso di “Don’t Stop me now” dei Queen.

Il tono vocale del rapper statunitense, sulle parole scritte da Freddie Mercury. Ovviamente l’effetto non è propriamente quello di una registrazione in uno studio e anche la voce di Kanye West (o Ye, come ora vuole farsi chiamare) risulta non essere “pulita”. Resta comunque un qualcosa che unisce musica e intelligenza artificiale.

Musica e intelligenza artificiale, la questione del copyright

Sempre il Financial Times ha citato le dichiarazioni di una fonte (anonima) molto vicina alla questione ufficialmente aperta tra Universal e le piattaforme di musica in streaming. Con tanto di esempio per rendere più chiara la situazione:

«Questa prossima generazione di tecnologia pone problemi significativi. Gran parte dell’AI generativa è addestrata sulla musica popolare. Potresti dire: “Componi una canzone che abbia i testi come Taylor Swift, con la nello stile di Bruno Mars, ma voglio che il tema sia più Harry Styles”. L’output che ottieni è dovuto al fatto che l’intelligenza artificiale è stata addestrata sulla proprietà intellettuale di quegli artisti». 

Dunque, come evidente, il problema della protezione del diritto d’autore si sta palesando anche per quel che riguarda il mondo della musica. E un portavoce di Universal ha confermato, sempre al FT, la richiesta inviata a Spotify e Apple: «Prevediamo che i nostri partner della piattaforma vorranno impedire che i loro servizi vengano utilizzati in modi che danneggino gli artisti».

Il caso di MusicLM di Google

In tutto questo caos calmo, si inserisce l’ultima evoluzione sviluppata da Google: si tratta di MusicLM, un songbot che genera musica a partire da un testo. Dunque, dando delle indicazioni (come il genere e il ritmo), l’intelligenza artificiale riesce a generare una melodia. E il gioco è fatto. Il servizio non è ancora stato reso disponibile (su GitHub è stata pubblicata una descrizioni e alcuni sample) per un motivo semplice: gli stessi sviluppatori hanno individuato che un 1% delle canzoni generate attraverso questo sistema fosse basato dalla replica diretta di un contenuto prodotto da copyright. In attesa di migliorie per evitare tutto ciò, MusicLM resta un annuncio senza conseguenze. Ma le perplessità emerse all’interno di Google sono, di fatto, le stesse che hanno portato Universal Music a muovere i primi passi con Spotify e Apple. Per mettere un freno all’uso, ma soprattutto all’abuso, dell’intelligenza artificiale.

 

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