La mappa degli utenti Parler che hanno assaltato il Campidoglio

Il progetto di Patr10tic potrebbe dare risposte su quanto accaduto e sul ruolo della piattaforma

15/01/2021 di Gianmichele Laino

«Non avevo bisogno di terabyte e terabyte di video, mi interessavano solo quelli del Campidoglio: quindi ho ordinato le coordinate GPS in base alla prossimità e ho ottenuto gli ID video solo per quei file». Parola di Patr10tic, l’utente – iscritto su Twitter da gennaio 2021 – che sta mettendo in fila nomi e volti di utenti Parler che hanno preso d’assalto il Campidoglio, lo scorso 6 gennaio. Un’opera mastodontica, che può essere consultata a questo indirizzo. Il progetto beta – che si chiama Y’all Qaeda, con un gioco di parole niente male – rappresenta una vera e propria mappa assalto Campidoglio, con decine e decine di utenti di Parler. Funziona così: c’è una selezione di video pubblicati su Parler che, incrociati con i dati GPS, sono stati pubblicati proprio davanti a Capitol Hill. In questo modo, è possibile quantificare il fenomeno e capire quanti utenti di Parler hanno effettivamente partecipato – sfruttando la piattaforma in modo attivo – all’assalto al Campidoglio.

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Mappa assalto Campidoglio e utenti Parler

Le dichiarazioni di Patr10tic a Vice rappresentano – o potrebbero rappresentare – un punto di partenza non soltanto per l’identificazione completa, da parte delle forze dell’ordine, di coloro che hanno preso parte al più clamoroso atto anti-democratico che si è svolto nella più grande democrazia occidentale, ma anche del ruolo che Parler ha effettivamente avuto nella cosiddetta “chiamata alle armi” contro i politici che stavano, di fatto, formalizzando l’elezione alla Casa Bianca di Joe Biden.

Al momento, i video caricati sulla mappa sono circa 50, ma semplicemente perché Patr10tic si è preso la briga, fino a questo momento, di caricarli manualmente uno per uno. La svolta è invece arrivata qualche giorno fa, quando ha scoperto un modo automatizzato per trasferire questi video sulla mappa. Ora, l’unico suo timore è che YouTube – la piattaforma è stata utilizzata come “appoggio” per trasferire i video scovati su Parler e che erano stati salvati, prima del down dovuto al rifiuto di AWS di concedere i server al social network sovranista – possa in qualche modo cancellare i video, facendo venir meno tutto il senso del progetto.

Qualcosa, da questo punto di vista, si sta effettivamente muovendo, come lo stesso Patr10tic ha fatto notare su Twitter:

Il lavoro, al momento, resta comunque valido e completamente open source.

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