Caro Corriere della Sera, anche Gesù Cristo probabilmente non era ‘bianco’

L'articolo di Renato Franco su Lupin interpretato da Omar Sy che parla di personaggi che «storicamente dovrebbero essere bianchi»

21/01/2021 di Enzo Boldi

Le opinioni pubbliche sono tutte legittime, ma essendo di pubblico dominio possono essere analizzate e anche criticata. Ed è il caso dell’articolo comparso nella giornata di ieri – mercoledì 20 gennaio – sull’edizione online de Il Corriere della Sera. A scriverlo è Renato Franco che ha dedicato un suo approfondimento-riflessione sulla nuova serie Netflix su Lupin, mitico personaggio nato da un fumetto, prima di diventare un cartone animato. E ad interpretare uno dei ladri più famosi del piccolo schermo sarà il noto attore Omar Sy. E, per questo, si parla del Lupin Nero.

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Questo scrive Renato Franco nel suo articolo su Il Corriere della Sera.

Così dal whitewashing si è passati all’altrettanto assurdo blackwashing: ovvero mettere sullo schermo personaggi neri che storicamente dovrebbero essere bianchi. Così è successo di vedere un Achille di colore (David Gyasi) nella miniserie Troy – La caduta di Troia e una valchiria nera (Tessa Thompson) in Thor: Ragnarok. La summa del «famolo strano» l’ha raggiunta però Bridgerton, ambientata all’inizio del 1800 in Inghilterra, dove la regina britannica è afroamericana e la corte pullula di duchi e conti di colore. L’effetto è straniante, la verità storica (una società classista bianca) viene stravolta in una realtà fantascientifica (una società classista multirazziale). E la sensazione è quella di entrare in uno dei bar spaziali di Guerre Stellari piuttosto che alla corte della regina Carlotta di Meclemburgo-Strelitz.

 

Lupin nero e l’articolo di Renato Franco sul Corriere della Sera

Poi, ovviamente, spiega come quel Lupin nero non sia il Lupin che tutti conosciamo. E non per il colore della sua pelle. Il personaggio protagonista della serie su Netflix è, in realtà, Assane Diop. Insomma, il nome del noto ladro è utilizzato a mo’ di specchietto per le allodole. Ma le storie sono completamente diverse, così come i contesti e i canovacci attorno a cui si snodano le vicende dei due protagonisti.

Siete sicuri si parli di politicamente corretto?

Sta di fatto che parlare della storia stravolta dal politicamente corretto è ancor più capzioso dell’espediente utilizzato da Netflix con Lupin. Perché la storia non c’entra nulla. Un esempio? «Lo chiamavano Jeeg Robot» con Claudio Santamaria non era interpretato da un robot. E poi, visto che si parla di tradizioni e storia, anche tutte le pellicole più famose hanno rappresentato Gesù Cristo con la carnagione chiara. Ma ci sono studi che – e basterebbe notare la provenienza geografica e i luoghi della sua vita raccontati nel Vangelo – hanno sottolineato come ci siano molte più probabilità di un Gesù nero (o mulatto) piuttosto di un Gesù bianco. Ma lì non si parla di politicamente corretto.

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